Cinque milioni e 257mila processi pendenti in campo civile e tre milioni e mezzo in quello penale. E’ il dato fornito dal ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, nella Relazione sull’amministrazione della Giustizia per il 2013, secondo cui “il sistema continua a essere in sofferenza nonostante la risposta offerta dalla magistratura italiana, che l’ultimo rapporto della Commissione europea per l’efficienza della giustizia colloca ai primi posti in termini di produttività”. In tutto 62.326 i detenuti, tanto che la Cancellieri è ritornata a parlare della necessità di un indulto. Per l’ex ministro della Giustizia, Claudio Martelli, “ancora nel 2014 quella italiana continua a essere una giustizia borbonica. Ai militari che si lamentavano per il fatto di non avere munizioni, i Re Borbone rispondevano: ‘Facite a faccia feroce’. Questo fa la giustizia italiana, non cattura i criminali però fa la faccia feroce con tutti”.



Martelli, quali sono le cause di un sistema giudiziario intasato come quello attuale?

Se il sistema giudiziario è intasato, cioè se l’amministrazione della giustizia è lenta e inceppata, ciò avviene per responsabilità dei politici, che hanno continuato ad allargare e a estendere l’ambito della giurisdizione, cioè l’ambito delle materie sottoposte al vaglio della magistratura. Ogni volta che c’è un problema e i politici non sanno a che santo votarsi, lo delegano ai giudici.



In che modo?

Il legislatore ha affidato competenze ai magistrati che potrebbero essere esaminate, almeno in prima istanza, dagli stessi organismi politici elettivi, nonché dai giudici di pace e di conciliazione.

All’origine dell’intasamento dei tribunali, ritiene che ci sia anche una certa disorganizzazione dei giudici?

Ovviamente sì. I magistrati non sono dei manager, e in genere sono pessimi nell’organizzare le cose perché non hanno nessuna competenza in materia. Quando ero ministro della Giustizia presentai un disegno di legge per consentire che nell’ambito del ministero in cui tutte le funzioni apicali sono ricoperte da magistrati, fossero chiamati anche dei manager provenienti da altre amministrazioni pubbliche. Questo disegno di legge fu bloccato in Parlamento dall’onorevole Luciano Violante e dal gruppo del Pci. La responsabilità è dunque in parte dei politici e in parte dei giudici, salvo eccezioni in quanto ci sono alcuni magistrati bravissimi anche dal punto di vista manageriale.



Se le leggi fossero scritte meglio la giustizia italiana sarebbe più snella?

Senz’altro esiste un problema che riguarda le leggi. Ce ne sono troppe, sono farraginose, ed è quindi facile incappare nelle maglie della giustizia. Finire di fronte a un tribunale è sempre sgradevole, ma in Italia lo è in modo particolare perché si entra in un meccanismo infernale. La giustizia penale, ma anche quella civile, sono un vero e proprio tritacarne sia perché negano i diritti di tutte le parti in causa e allungano i processi all’infinito. Ma soprattutto, stando alle denunce dei procuratori generali all’inaugurazione di ogni anno giudiziario, la media in Italia è che il 90-95% dei reati resta impunito.

 

Per quali motivi?

Proprio per l’elefantiasi della macchina giudiziaria. Siamo purtroppo ri-precipitati in un contesto borbonico. Ai militari e ai funzionari che si lamentavano perché l’Esercito non aveva le munizioni, i Re Borboni rispondevano: “Facite a faccia feroce”. Questo fa la giustizia italiana, non cattura i criminali però fa la faccia feroce con tutti.

 

Lei è favorevole all’indulto?

L’indulto e l’amnistia sono necessari. Dipende però da che cosa si considera prioritario. Se la priorità è il rispetto dei diritti umani dei detenuti, sarebbe importante la depenalizzazione di alcuni reati, a partire da quello di immigrazione clandestina. Dovrebbero inoltre essere studiate delle misure alternative al carcere, in quanto le tecnologie moderne possono consentire delle forme di rieducazione diverse senza perdere il controllo sui potenziali soggetti che delinquono.

 

C’è il rischio che usando la clemenza i criminali delinquono ancora di più?

In realtà dalle statistiche più recenti risulta che i reati principali non sono affatto in aumento. A essere in crescita è la corruzione, a differenza per esempio degli omicidi. Ma per tornare all’indulto, ritengo che debba essere introdotto soltanto per i reati che non minacciano l’incolumità delle persone. La sottovalutazione della cultura italiana è che alla fine si considera più pericoloso il ladro dell’assassino, e questo è un modo degenere di pensare la giustizia perché c’è un ordine di gravità nei reati che si consumano e secondo me quelli contro la persona sono i più gravi di tutti.

 

(Pietro Vernizzi)

Leggi anche

CARCERE/ Cec, le case aperte che cambiano la vita ai carceratiDAL CARCERE/ Il Meeting da dietro le sbarre, un sogno che diventa profeziaSUICIDIO IN CARCERE/ La doppia gabbia che ha portato Donatella a farla finita