“Non credo si possano definire delle semplici minacce ma sono delle intenzioni omicidiarie prospettate a un altro detenuto probabilmente perché in qualche modo vengano portate all’esterno per essere eseguite”. Lo ha detto il pubblico ministero Nino Di Matteo, magistrato del pool che sostiene l’accusa nel processo Stato-Mafia, commentando le diverse intercettazioni, registrate nel carcere di Opera, in cui Totò Riina minaccia di ucciderlo. Intervistato in esclusiva dal Giornale Radio Rai, Di Matteo si è detto convinto che il boss corleonese sia ancora al comando e che abbia “ancora un gran potere”. Nonostante ciò, “la preoccupazione e la paura non devono avere il sopravvento sulla volontà e sulla capacità di portare avanti il nostro lavoro – spiega il pm – Nel momento in cui non ci sentissimo di farlo, sarebbe dignitoso da parte nostra cambiare tipo di incarico”. Il magistrato ha poi spiegato che fino a qualche anno fa “risultanze precise investigative facevano emergere che i capi in libertà di Cosa Nostra non volevano prendere o non potevano rendere determinate decisioni se non acquisendo l’avallo e il consenso di colui che ritenevano il vero capo, cioè Salvatore Riina”. Questa è la situazione “che quanto meno fa sospettare che ancora oggi certamente Riina possa tentare di esercitare un ruolo di comando”.