Il papa ha rilasciato un messaggio di saluto in occasione della Giornata delle comunicazioni sociali che si tiene oggi. Ovviamente il passaggio più ripreso dai media è stato questo: “Internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio”. Un papa che apre alle frontiere delle nuove metodologie di comunicazione, anche se era stato preceduto da Benedetto XVI, la cui foto mentre lancia un messaggio su twitter aveva fatto il giro del mondo. Ma il messaggio di oggi è senz’altro il più approfondito approccio al mondo della Rete e dei nuovi media: una rivoluzione, ha detto, grande e appassionante, una sfida che richiede energie fresche e una immaginazione nuova. I media, ha detto ancora, “possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri, comunicare bene ci aiuta ad essere più vicini e più uniti”. Naturalmente ha parlato anche degli aspetti negativi, anzi “problematici” come la velocità dell’informazione “che supera la nostra capacità di riflessione e giudizio e non permette un’espressione di sé misurata e corretta”. Anche la varietà delle opinioni espresse, ha detto, sono un problema in quanto possono essere percepite come ricchezza, “ma è anche possibile chiudersi in una sfera di informazioni che corrispondono solo alle nostre attese e alle nostre idee, o anche a determinati interessi politici ed economici”. “Quando la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione delle persone, ci troviamo di fronte a un’aggressione violenta come quella subita dall’uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada, come leggiamo nella parabola” ha poi detto. Certi tipi di media, ha detto alludendo alla Rete, ci condizionano a tal punto da farci ignorare il prossimo reale. “Non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione” ha sottolineato. Ecco allora che è necessario recuperare la lentezza, ha detto: “Ad esempio, dobbiamo recuperare un certo senso di lentezza e di calma. Questo richiede tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta”. Infine ha detto come aprire le porte della Chiesa significa aprirle anche nell’era digitale perché il Vangelo possa varcare le soglie del tempio e uscire incontro a tutti. Quindi ha detto che non bisogna avere timore di farsi cittadini dell’era digitale: “La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri”.