Tra i santi che vengono ricordati nella giornata del 23 gennaio, c’è anche Sant’ Ildefonso (o Idelfonso) da Toledo, che fu arcivescovo della città spagnola dal 657 al 667, anno della sua morte. Il suo nome è annoverato tra quelli dei padri della Chiesa, ed è venerato tanto dalla Chiesa ortodossa, quanto da quella cattolica. Il santo nacque a Toledo nel 607, al tempo del regno del visigoto Viterico: egli faceva parte di una della più importanti famiglie nobili del regno e, secondo quanto tramandato dalla tradizione, fu anche nipote di Eugenio III, che fu arcivescovo di Toledo e che venne poi proclamato santo. Dopo aver ricevuto un’istruzione prevalentemente di carattere letterario, divenne diacono, nel 632 circa, avendo mostrato già in età infantile uno spiccato interesse e una forte propensione per la vita di chiesa. Dalla lettura del suo De viris illustribus, si apprende che entrò in monastero da giovanissimo, e che volle fortemente fondare un convento, donando ad esso la totalità dei beni ricevuti in eredità dalla propria famiglia; diventò abate attorno all’anno 650. Nel 657 sostituì Eugenio III alla guida dell’arcivescovado di Toledo, in seguito alla dipartita di quest’ultimo. Secondo quanto viene riportato dalla tradizione, nel penultimo anno della sua vita, il 665, Sant’ Ildefonso fu protagonista di un fatto miracoloso, nel corso del quale incontrò la Vergine Maria. Accadde infatti che, nella notte del 18 dicembre di quell’anno, il santo, accompagnato dai confratelli, arrivò in chiesa per cantare le lodi alla Vergine. Una volta arrivati presso la cappella, si trovarono di fronte un prodigioso spettacolo: una luce accecante, infatti, pervadeva tutto il luogo. A quella vista, molti chierici si spaventarono, mentre l’abate avanzò verso l’altare che stava nella cappella, dove vide Maria assisa sul seggio vescovile, attorniata da un numeroso stuolo di vergini intente a cantare. La Madonna, allora, fece segno ad Ildefonso e ai diaconi che erano entrati con lui nella cappella di avvicinarsi. Si rivolse dunque all’arcivescovo dicendogli: “Tu sei il mio cappellano e notaio fedele. Ricevi questa casula che mio Figlio ti manda dalla sua tesoreria”. Comunicò dunque ad Ildefonso che avrebbe dovuto usarla soltanto nei giorni di festa a lei dedicati. Nessuno ebbe dubbi sul fatto che tali episodi fossero davvero avvenuti, tanto che il concilio di Toledo dispose anche l’istituzione di un giorno di festa, allo scopo di tramandare presso i posteri il miracoloso evento, del quale si parla anche nell’ Acta Sanctorum. Anche nei secoli a venire, la memoria del prodigio non si spense, e fu grande l’importanza che esso rivestì per la storia di Toledo. Si dice infatti che, anche al tempo dell’invasione ad opera degli arabi, dopo che la cattedrale era stata da questi trasformata in una moschea, gli invasori di fede musulmana osservavano un grande rispetto verso il luogo in cui la Madonna era apparsa, e lo ritennero sempre sacro per il legame con la Vergine Maria.



Sant’ Ildefonso lasciò la vita terrena nel 657; le sue spoglie furono riposte all’interno della chiesa di Santa Leocadia a Toledo, prima di essere trasferite presso Zamora. Il santo è oggi protettore della città di cui fu arcivescovo, ma anche della cittadina di Herreruela de Oropesa, situata in Castiglia-La Mancha. Ci ha lasciato alcune opere, molte delle quali citate anche nell’Elogium, tra cui: il De progressu spiritualis deserti, il De virginitate S. Mariae contra tres infideles, oltre al già ricordato De viris illustri bus.

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