Rolling Stone è una rivista americana che dal 1967, certamente a fasi alterne, ospita le tendenze del momento e – da un punto di vista molto liberal – interviene nel dibattito pubblico con inchieste e prese di posizione volte a orientare il proprio pubblico. 

Non è una “banale rivista di musica”, è un megazine di stile, di cultura di massa, di approfondimento politico. Per questo Papa Francesco è finito in copertina sul nuovo numero: perché c’è, fa tendenza, e merita pertanto di essere un fenomeno “esplorato”. L’articolo che la rivista gli dedica è molto politically correct, farcito dei soliti luoghi comuni su Bergoglio – povertà, rivoluzione morale, innovazione –  e proteso a riaffermare il titolo conferitogli dal Times di “uomo dell’anno”. 



La notizia potrebbe anche chiudersi lì, essere archiviata come il solito tentativo di mistificazione della realtà, ma indubbiamente in tutto questo interesse del nostro mondo per il Papa c’è qualcosa in più che oggi – dopo quasi un anno di pontificato – forse merita di essere analizzato. Anzitutto è vero: una rivoluzione c’è stata. Spesso costa ammetterlo, perché il buon Benedetto è sempre tra noi e la sua figura riapre la memoria della violenza che i media del mondo intero usarono contro di lui, ma non dire la verità sarebbe peggio, sarebbe come negare la forza del gesto delle “Sue dimissioni”, un gesto che implorava un cambiamento di passo reale e concreto. 



Con Benedetto il Papa probabilmente era ostaggio della Curia, di un manipolo di uomini – purtroppo italiani – che usavano del loro servizio per esercitare una vera forma di potere. Papa Francesco, in questo senso, rappresenta il tentativo inedito – da parte dei cardinali – di riappropriarsi di Roma, allontanando coloro che la avevano in pugno. Con Francesco, insomma, il corpo riprende il controllo del capo. Ed è questa la prima vera grande rivoluzione di Bergoglio. C’è poi un secondo passaggio molto importante: il Papa ha recepito che le richieste che vengono dal mondo alla Chiesa sono certamente pretestuose in molti casi, ma che – in altri – si rivelano essere appelli dello Spirito ad una reale purificazione: liturgica, teologica, amministrativa. 



Continuare a dire che fino al 13 marzo del 2013 la Chiesa era un paradiso di ortodossia è falso: Benedetto parlava all’Occidente, ma l’Occidente non lo riteneva credibile, proprio in forza del fardello rigorista che il Pontefice – suo malgrado – si portava dietro. Oggi Francesco non parla all’Europa, non la privilegia con un fiume di Cardinali, ma si rivolge al mondo, convinto che la Chiesa – soprattutto nel vecchio continente – abbia la forza di auto-riformarsi. 

Proprio questa autoriforma costituisce la terza chiave interpretativa del successo di Francesco: egli è più impegnato a togliere la trave dal proprio occhio, che la pagliuzza da quello del mondo. Questo semplice impegno con se stesso restituisce al dibattito pubblico un Papa diverso, un Papa che vorresti avere come vicino di casa affinché la Sua testimonianza potesse portare un po’ di bene anche alla tua vita. 

Non c’è da stupirsi, dunque, se il mondo gli dedica copertine, articoli: sicuramente molti lo fanno per portarlo sulla propria barca, ma molti altri intravedono in lui una novità che attendevano e che forse deve mettere in discussione anche noi. Il mondo, infatti, non ha bisogno di tante parole, il mondo ha banalmente bisogno di persone che inizino sul serio – per la passione al proprio destino e per l’obbedienza di cuore a quello che hanno incontrato – a vivere soltanto una cosa, il Vangelo.

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