“La vita religiosa deve permettere la crescita della Chiesa per la via dell’attrazione”. Lo ha detto Papa Francesco, citando le parole di Benedetto XVI, nel corso di una conversazione con l’Unione Superiori Generali dei Gesuiti, i cui contenuti sono stati divulgati ieri pomeriggio. “La Chiesa deve essere attrattiva” ha detto papa Bergoglio; “svegliate il mondo! Siate testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere! E’ possibile vivere diversamente in questo mondo”. Per monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, “le parole del Santo Padre ci richiamano ancora una volta quanto sia fondamentale che la Chiesa si rinnovi continuamente come esperienza di vita nuova, e svolga questa vita nuova secondo le grandi direttrici della cultura, della carità e della missione”.
Il Papa ha detto, citando Benedetto XVI, che “la vita religiosa deve permettere la crescita della Chiesa per la via dell’attrazione”. Che cosa vuol dire?
La vita religiosa è la testimonianza nella Chiesa e nel mondo di coloro che seguono incondizionatamente Cristo, realmente imitandone la vita e il destino. Che sia attrattiva significa che deve essere la testimonianza reale di una vita nuova. La Chiesa ha bisogno di rinnovarsi continuamente come esperienza di vita nuova, e di svolgerla secondo le grandi direttrici della cultura, della carità e della missione, che io ho imparato da monsignor Giussani. Quindi la vita religiosa, così come suona nelle parole del Santo Padre, non ha nulla di clericale, di intra-ecclesiale, di rinchiuso entro parametri spiritualistici, ma è un’esperienza di vita nuova vissuta con verità, quindi in letizia e in sacrificio. E’ l’offerta alla Chiesa e all’uomo di questo tempo dell’unica possibilità di realizzare pienamente la propria umanità. In questo senso i religiosi sono i testimoni qualificati dell’identità profonda della Chiesa e della sua missione.
Sempre per il Papa, “il fantasma da combattere è l’immagine della vita religiosa intesa come rifugio e consolazione davanti a un mondo esterno difficile e complesso”. Lei ha mai incontrato questo problema e come lo affronterebbe?
La vita religiosa e quindi la vita cristiana non sono una fuga da un mondo che ci riempie di angoscia, tensioni e di un complesso di difficoltà. Il cristianesimo non è una religione dell’evasione, ma è una religione della presenza: la presenza di Dio, cioè di un mondo nuovo all’interno di quello degli uomini. Sappiamo bene quanto il mondo sia segnato da quella sostanziale ambiguità che caratterizza in maniera radicale il cuore dell’uomo, secondo l’esegesi straordinaria, e ancora attuale, compiuta dal Concilio Vaticano II. Il cuore dell’uomo è redento soltanto dalla presenza di Cristo, e questa redenzione diventa esperienza di vita nuova nella vita della Chiesa seguita e amata dal cristiano. Queste due direttrici sono essenziali per riproporre il cristianesimo come un evento attuale che assume la fisionomia di un incontro con Cristo che cambia il cuore dell’uomo. E attraverso il cuore dell’uomo cambiato tende a cambiare il mondo stesso. “Cristo redentore dell’uomo e del mondo centro del cosmo e della storia”, come ci ha insegnato il Beato Giovanni Paolo II.
Lei come definirebbe il clericalismo, che secondo il Papa è “uno dei mali più terribili”?
Il clericalismo è la riduzione dell’avvenimento cristiano a una questione intra-clericale, nella quale prevalgono le opinioni ideologiche, le opzioni morali, le sensibilità culturali e sociali, anziché l’evento di Cristo come fattore di cambiamento e di impeto missionario. Il clericalismo è chiusura, invece l’esperienza ecclesiale, proprio perché certa della sua identità, ama andare nel mondo a portare a tutti gli uomini quello che si aspettano ma che non possono darsi.
“La formazione – ha detto Papa Bergoglio – è un’opera artigianale, non poliziesca. Dobbiamo formare il cuore, altrimenti formiamo piccoli mostri. E poi questi piccoli mostri formano il popolo di Dio. Questo mi fa venire la pelle d’oca”. Concretamente cosa bisogna fare e che cosa non ha funzionato nella formazione dei sacerdoti?
L’educazione dei presbiteri dipende dal fatto che la fede, in quanto esperienza di vita nuova, arrivi fino a determinare i criteri di giudizio e di comportamento. La difficoltà è stata nel rendere la fede principio di formazione integrale della personalità. Per formare dei religiosi autenticamente cristiani bisogna che siano formate delle personalità integralmente cristiane. Giovanni Paolo II ha detto che “la fede non è un’appendice preziosa ma inutile della vita”, ma la novità dell’intera esistenza.
(Pietro Vernizzi)