L’Humanae Vitae di Paolo VI è stata fin troppo chiara: rifiutando la vita (le nascite), si produce indirettamente il rischio di imporre la morte dei vecchi improduttivi, superflui e costosi, non più economicamente sostenibili. Ma poiché i vecchi stan diventando maggioranza numerica, e votano, rappresentano un serbatoio elettorale consistente e pericoloso. Così la soppressione dei vecchi deve avvenire per loro scelta, una decisione autonoma e libera, presa arrivando a sentire la vita indegna di esser vissuta, e loro stessi un peso inutile e dannoso per i loro simili giovani.



Per arrivare a questa decisione il condizionamento psicologico deve esser perfetto. Ben diverso questo dall’eutanasia, che viene considerata infine un atto di pietà per dare una “buona morte” a chi soffre. No, la scelta volontaria (obbligata) di morire è molto peggio, è la negazione della vita e della sua sacralità. Ed è persino molto di più. Essendo un suicidio, priva chi lo decide non solo della vita terrena, ma anche della vita eterna.



Ecco, questi concetti sono ben espressi in un libretto scritto nel 1978 da un intellettuale svedese, Carl H. Wijkmark (La morte moderna) e pubblicati in italiano nel 2008 da Iperborea. In questo minisaggio l’autore immagina un probabile congresso di bioetica ed espone le considerazioni ivi portate da razionali uomini di scienza. Il contesto è vero: il problema demografico è ormai scoppiato, aborti e non nascite coesistenti con popolazione invecchiata, grazie anche ai progressi della medicina, han prodotto uno scompenso economico insanabile. I vecchi non solo costano, ma non possono neppure più produrre e mantenersi lavorando perché il crollo dello sviluppo (e del lavoro) dovuto al crollo demografico, lo impedisce. Ma per le ragioni esposte, il problema va risolto con la loro collaborazione, non contro. E la questione diventa: come creare una domanda di eutanasia da parte di chi non è malato terminale o non soffre?

Il merito di questo libretto è quello di anticipare i temi che in realtà qualcuno sta già immaginando. Se l’uomo è solo un animale intelligente con la dignità di un bacillo evoluto, non dovremmo stupirci se queste ipotesi fantabioetiche possano diventare presto realtà. Gli ingredienti ci sono tutti e lo scrivente ha da anni cercato di spiegarlo tecnicamente, inascoltato. Ma questa ipotesi di soluzione non l’avevo immaginata e mi pare geniale, in senso demoniaco.

Non siamo lontani da una nuova etica di vita e di morte che presenta il male facendolo apparire bene. La decisione di suicidarsi è presa per rispetto del valore (socioeconomico) della vita degli altri.  

Ecco la grandezza del male, confondere il bene. Ecco la grandezza del relativismo e nichilismo: considerare la sacralità del valore umano secondo i mezzi economici disponibili. E ciò è evidente se l’etica è relativa nel tempo e nello spazio.

L’etica relativa insegna che se ci sono troppi vecchi non mantenibili, questi vanno soppressi per il bene dell’umanità. E così la nuova etica a orientamento socioeconomico suggestiona, o spegne, la coscienza individuale privata verso una più pubblica. La nuova bioetica relativista si appresta a fare salti importanti, dopo aver già risolto il problema antropologico, negando l’origine di creatura dell’uomo. Lo potrà fare negando leggi naturali, accettando la “selezione”, confondendo fini e mezzi, ecc. Magari con l’aiuto di qualche autorità morale che accetti il concetto di bene superiore pubblico verso quello privato e accetti una coscienza privata libera da superstizioni e da ipocrisie egoistiche. L’egoismo può diventare così il vero peccato, più del rispetto assoluto della vita umana, se si paventasse il rischio di povertà, fame, miseria.

Si pensi infatti a un annuncio del tipo: “Quante vite si potrebbero salvare se non si dovessero sostenere i costi dei vecchi…”. Son tanti anni che cerco di spiegare concettualmente e tecnicamente che il crollo delle nascite provoca l’impossibilità di sostenere il costo degli anziani usciti dal ciclo produttivo, quando la soluzione sta nel riprendere lo sviluppo naturale delle nascite, interrotto grazie alle teorie neomalthusiane negli anni Settanta. Quante volte ho cercato di spiegare che controllando le nascite si sarebbe arrivati e dover controllare anche le morti? Ma questo era un tabù. Affrontandolo, secondo l’insegnamento dei Papi e il magistero della Chiesa, mi è costato molto caro. Possiamo attenderci una nuova Enciclica sul valore della vita e della morte? Che ricordi che la morte è passaggio alla vita eterna?