Ha preso il via questa mattina a Firenze la nuova udienza del processo di appello bis che vede imputati ancora una volta Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, avvenuto a Perugia nella notte del primo novembre 2007. La ragazza di Seattle, che ha seguito le udienze del processo fiorentino dagli Stati Uniti, è “molto preoccupata, rischiando una condanna a trent’anni, perché si ritiene innocente. Non dorme la notte”, hanno detto i suoi legali, Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova, parlando con i giornalisti prima di entrare nell’aula di tribunale. La sentenza, come deciso oggi dal presidente della Corte d’Appello Alessandro Nencini, è prevista il prossimo 30 gennaio. In una recente intervista a La Repubblica, invece, la studentessa statunitense ha ribadito di voler incontrare i familiari della giovane vittima, a cui vuole dire “che io non c’entro con la morte di Meredith, che le volevo bene e che eravamo amiche”. “Quando li ho visti in aula al processo di Perugia – ha spiegato – volevo salutarli e ho chiesto ai miei avvocati se potevo farlo. L’avvocato Carlo Della Vedova ha provato ad avvicinarsi a loro ma i loro legali lo hanno respinto”. Amanda ha poi aggiunto: “So però che mi credono l’assassina della loro figlia, sono convinti che l’abbia uccisa io e quindi anche ora non è ancora il momento di parlare loro. Quel giorno però verrà”. La decisione di non partecipare al processo “è stata una scelta sofferta perché in realtà avrei voluto venire in Italia ed essere presente in aula”, ma in questo Paese “sono stata arrestata e messa in prigione per quattro lunghi anni non sulla base di prove ma di supposizioni”. E nel caso in cui dovesse arrivare una condanna, conclude Amanda Knox, “sarò…come si dice… una latitante”. Ha infine fatto scalpore l’esplosione alquanto irata dell’avvocato Bongiorno, difensore di Sollecito, che ha accusato in modo veemente gli investigatori di aver insultato il suo assistito e anche Amanda: “Come operatore di giustizia sono imbarazzata”.