Nel giorno 17 ottobre, la Chiesa Cristiana onora e ricorda Sant’Ignazio d’Antiochia, vescovo e martire, che nacque intorno all’anno 35. Visse i primi anni della sua esistenza nel paganesimo e la sua conversione ebbe luogo soltanto in età adulta. Stando alle notizie pervenute fino a oggi, fu nominato vescovo d’Antiochia nell’anno 69, andando così a prendere lo stesso posto già occupato da San Pietro anni prima. Proprio nel periodo in cui fu vescovo iniziò ad essere oggetto delle persecuzioni dell’imperatore Traiano, per mano del quale subì una condanna ad bestias (un tipo di condanna a morte che consisteva nel far divorare il reo da belve feroci, lasciandolo con quest’ultime in un’arena), e venne perciò incatenato e condotto fino alla Città Eterna per deliziare l’imperatore con lo spettacolo della sua morte e di quella di altri prigionieri cristiani nel corso dei giorni di festa indetti per celebrare le vittorie ottenute da Traiano in Dacia. Nel tempo che trascorse in viaggio, il santo scrisse sette lettere che lasciò poi in alcuni dei luoghi sacri, nei quali ebbe occasione di imbattersi nel suo pellegrinaggio forzato verso Roma. Queste sono all’unanimità state riconosciute come una preziosissima testimonianza delle condizioni della cristianità di questo periodo, e rappresentano al contempo il tentativo del vescovo di mettere in guardia i cristiani dal peccato e dalle insidie dello gnosticismo, ma sono anche un’esortazione a prodigarsi per assicurare concordia e unità in seno alla Chiesa. Ma questa non è l’unica richiesta contenuta nelle lettere lasciate dal santo, che pregò i cristiani di Roma di non prodigarsi per sottrarlo al martirio, al quale si apprestava ad andare incontro: il vescovo non voleva che gli venisse tolta quella che riteneva un’occasione per avvicinarsi a Dio, attraverso sofferenze simili per intensità a quelle che avevano caratterizzato la passione di Cristo. Nelle epistole il santo enuncia anche una nuova concezione della Chiesa e della sua organizzazione, che dovrebbe essere gestita secondo lui, dividendo i vari compiti tra vescovi, presbiteri e diaconi. 
Una volta arrivato a Roma, sant’Ignazio fu condotto ad affrontare il martirio come disposto dall’imperatore Traiano, ma alcuni dei suoi discepoli raccolsero ciò che rimaneva di lui per riportarlo nella città in cui aveva esercitato il ministero di vescovo e lo seppellirono nel cimitero situato nei pressi della Porta di Dafne. Le sue spoglie fecero ritorno a Roma nel 637, dopo l’arrivo degli arabi, e sono tuttora custodite nella basilica di San Clemente al Laterano, anche se alcuni resti del cranio si trovano in un’altra chiesa romana, quella che porta il suo nome. A differenza dei cattolici, che ricordano sant’Ignazio nella giornata del 17 ottobre, per gli ortodossi la sua festa cade il 20 dicembre. I suoi emblemi sono la palma, simbolo di martirio, e il bastone pastorale, e viene sovente rappresentato in catene o nell’atto di essere divorato dai leoni.



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