Si è tenuta, come sempre, questa mattina la Messa mattutina di Papa Francesco a Casa Santa Marta. Radio Vaticana, organo ufficiale dello Stato e del Pontificato, ha riportato i passaggi più significativi dell’omelia del Santo Padre, che ha ribadito come “Il cristiano è un uomo o una donna che sa aspettare Gesù e per questo è uomo o donna di speranza”, che grazie al sacrificio di Cristo sono “amici, vicini, in pace”. Il tema dell’attesa, dunque, centrale nella parole odierne del Pontefice, che ha poi sviluppato la propria riflessione prendendo spunto dal Vangelo di Luca e dalla Lettera di Paolo agli Efesini: “Tutti noi sappiamo che quando non siamo in pace con le persone, c’è un muro. C’è un muro che ci divide. Ma Gesù ci offre il suo servizio di abbattere questo muro, perché possiamo incontrarci. E se siamo divisi, non siamo amici: siamo nemici. E di più ha fatto, per riconciliare tutti in Dio. Ci ha riconciliato con Dio: da nemici, amici; da estranei, figli”. Bergoglio, tornando a parlare dell’attesa, ha detto: “Aspettare Gesù. Chi non aspetta Gesù, chiude la porta a Gesù, non lo lascia fare quest’opera di pace, di comunità, di cittadinanza, di più: di nome. Ci dà un nome. Ci fa figli di Dio. Questo è l’atteggiamento di aspettare Gesù, che è dentro la speranza cristiana. Il cristiano è un uomo o una donna di speranza. Sa che il Signore verrà. Davvero verrà, eh? Non sappiamo l’ora, come questi. Non sappiamo l’ora, ma verrà, verrà a trovarci, ma non a trovarci isolati, nemici, no. A trovarci come Lui ci ha fatto con il suo servizio: amici vicini, in pace”. Infine: “Io ci credo in questa speranza, che Lui verrà? Io ho il cuore aperto, per sentire il rumore, quando bussa alla porta, quando apre la porta? Il cristiano è un uomo o una donna che sa aspettare Gesù e per questo è uomo o donna di speranza. Invece il pagano – e tante volte noi cristiani ci comportiamo come i pagani – si dimentica di Gesù, pensa a se stesso, alle sue cose, non aspetta Gesù. L’egoista pagano fa come se fosse un dio: ‘Io mi arrangio da solo’. E questo finisce male, finisce senza nome, senza vicinanza, senza cittadinanza”.