NEW YORK — “Yes means yes. No means no“. Sì vuol dire sì, no vuol dire no. Dall’altro giorno nelle università della California si può far sesso solo se si è d’accordo tutti e due. Se uno dice “No”, non se ne dovrebbe parlare neanche. Jerry Brown, Governatore della California, ha firmato e da adesso in poi per arrivare al sesso occorrerà un “deciso, cosciente e volontario consenso”. 



Sex, drugs and rock’n’roll. La canzone la scrissero in Inghilterra, ma lo slogan si adatta benissimo anche all’America ed al resto del mondo. E siccome c’è un tempo per tutte le cose, il tempo per queste cose è quello del college. Sesso, droga (mettiamoci anche l’alcool che ci somiglia) e rock and roll (o altre espressioni musicali più contemporanee), sono per tanti la colonna sonora dell’avventura universitaria “on Campus“. Per quanti è difficile dirlo, ma sicuramente per tanti. 



Qua abbiamo i “Campus universitari”, di solito posti stupendi persi nel mezzo del niente tra prati e boschi. Il Campus è un piccolo mondo dove si fa di tutto e di più. Ci manca solo che si batta moneta. Si frequentano le lezioni, c’e’ da studiare, ci sono eventi sportivi, culturali, caritatevoli, raduni di studenti… Potrebbe bastare, e sarebbe pure bellissimo. Ma a tanti non basta, non soddisfa. Così per castigare il tempo che resta, per divertirsi, ci sono sex, drugs and rock’n’roll. In abbondanza. Ogni occasione è buona: weekends, compleanni, esami passati e tutte le feste comandate. Si beve esageratamente e si fanno stupidaggini, a volte irrimediabili. Lo scorso anno negli Stati Uniti sono morti più di 1.800 universitari per cause legate all’abuso di alcool. Quando si è intossicati si perde il controllo di sé, si diventa violenti. Violenti fino a costringere a far sesso anche chi non lo vuole e si lascia andare solo perché è ormai stonato come una campana, incapace di intendere e volere. E chi rimane sobrio potrebbe approfittarsi di chi è “fuori”. La legge della California, la prima nel suo genere, vorrebbe mettere un freno, creare un deterrente. Ci deve essere un “yes“, sennò è violenza. Per quanto il crimine in genere stia scomparendo a grandi passi dalla vita delle università americane, le violenze sessuali sono in grave aumento. Sesso ed alcool sono in aumento. 



Quando si va al college si è poco più che ragazzini, diciott’anni al massimo, visto che la scuola superiore dura quattro anni. Liberi dalle pastoie della famiglia, tutti si “imbizzarriscono” (chi più chi meno). Si “sperimenta”, si possono fare cose mai fatte prima senza sentirsi addosso lo sguardo inquisitore dei genitori. E di solito i genitori lo sanno, perché tutti coloro che sono transitati per l’università hanno fatto la stessa esperienza. Fa parte del “circle of life“. 

Lo sanno tutti, che siano andati all’università o no. Il college è un processo di iniziazione, un battesimo del fuoco, una introduzione a quella che si ritiene la vita adulta autonoma. 

Sono andato a leggere un po’ di statistiche, tanto per non andare solo a naso o per sentito dire. Il 35 per cento dei ragazzi “attivi” praticano sesso più volte la settimana, il 45 per cento con chi capita, l’85 per cento con un indefinito numero di partners…

Quello del college è uno scenario diverso da quello italiano. In Italia ci sarà la discoteca o non so cosa, ma non mi pare che la differenza di scenario comporti una differenza di risultati. 

 La legge californiana “Yes means Yes” vuole mettere dei paletti in un’area sismica ad alto rischio violenza. Ok, lo faccia. Quello che certamente non può fare è governarla, quest’area. L’area sismica della sessualità non la si governa per legge. 

Cerchiamo pure di limitare la violenza. Imponiamo pure uno “yes” prima di arrivare ad un bacio, e poi un’altro prima di mettere le mani addosso e via discorrendo. Ma il dramma viene prima. Il dramma è nella fragilità affettiva che ci fa cedere all’illusione che la vita e la propria sessualità vadano vissute così. Il dramma c’è anche quando dico “sì” pensando che o vivo così o non sono. 

La prima violenza che subiamo è l’essere privati di un cammino umano verso un’affettività che ci renda capaci di dire “ti voglio bene”, “voglio il tuo bene”, invece che ridursi a “ti voglio”.

La prima violenza che subiamo e la prima che facciamo.