Augurarsi la morte di un’altra persona non può essere considerato un reato. Lo ha stabilito la quinta sezione penale della Cassazione, spiegando che violare “il precetto evangelico di amare il prossimo come se stessi” è “penalmente irrilevante”. Con queste motivazioni i giudici hanno assolto due imputati accusati di ingiuria e minaccia nei confronti di una terza persona. “Ogni volta che vedo la tua macchina ripartire per Roma la domenica sera, il giorno dopo compro il giornale, sperando di leggere della tua morte in uno di quegli spaventosi incidenti sull’autostrada – aveva detto uno degli imputati alla parte offesa – Spero di incontrarti uno di questi giorni disteso e morente lungo la strada… ti prometto che non mi fermerò mai per soccorrerti”. Secondo la Cassazione, “augurarsi la morte di un’altra persona è certamente manifestazione di astio, forse di odio”, ma non è un reato perché “desiderare la morte altrui non sta necessariamente a significare che si intenda offenderne l’onore e il decoro”. Insomma, le frasi pronunciate “rappresentano certamente manifestazioni di scarso affetto”, ma i due imputati non hanno mostrato “l’intenzione di fare alcunché per determinare, anticipare o propiziare la morte” della terza persona.



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