Una donna milanese di 36 anni è in morte cerebrale ma il bambino che porta in grembo è sano. Succede all’ospedale San Raffaele di Milano.
Piccolo mio, perché ero certa che fossi un maschietto. Ti avrei chiamato Giovanni, o Tommaso, o Christian, ancora con papà eravamo indecisi sul nome. Ma ti volevamo tanto, e tutto era già pronto a casa, culla, carrozzina, passeggino, vestitini e scarpine, perfino il lettino per quando saresti cresciuto. Qualche volta parlavo a voce alta, hai imparato a riconoscerne il suono, e io che non potevo ascoltarti sentivo solo il tuo corpicino iniziare a muoverti, dentro di me. Ora, angelo mio, non mi senti più ridere, piangere talvolta, arrabbiarmi, non senti il mio passo, perfino di corsa, talvolta.
Per questo ti scrivo, pensandoti, e credo che tu possa capire. Oddio, nessuno può crederci, che riesco a pensare. Sono morta. Da otto giorni improvvisamente e per sempre, a questo mondo, non ci sono più. E’ successo così in fretta, non me ne sono accorta: una fitta, neanche tanto forte, e il buio, per un po’. Mi hanno assistita, soccorsa subito, hanno provato a rianimarmi, niente da fare.
Elettroencefalogramma piatto. Chissà che vuol dire, me l’ero sempre chiesto. Mi spiace tanto, sai, per il tuo papà, e anche perché avrei voluto abbracciarti, darti il latte e tutto quello che una madre spera e sogna. Ma insomma, in un modo o nell’altro, saremo insieme. Tu sei vivo, e io custodisco nel mio ventre la tua vita, com’è giusto che sia, com’è sempre, per ogni donna che diventa madre, dal primo istante che un grumo vibra in lei e chiede di guardare il mondo.
I medici sono bravissimi, non si danno per vinti: riescono a far sì che tu respiri, che tu ti nutra, ci sono tanti fili e macchinari attaccati al mio corpo che neanche ti immagini. E ora, tu così piccino, resisti. Ti sei reso conto che io non sono più lì? Riesci a pazientare, ad essere forte, e andare avanti ancora un po’? Ti ho lasciato a 23 settimane. Ma ora ne hai 24, e un pezzetto ogni giorno si cerca di arrivare più avanti possibile, perché tu nasca, e tu nasca sano. Nessuno ci crede, te lo dico ancora. Saresti un miracolo, un bimbo cresciuto e nato da una mamma morta. Come se ogni figlio non fosse un miracolo. Come se sapessero, tutti quanti, come gestire, iniziare, interrompere una vita.
Oddio, avrebbero potuto, qualcuno l’ha anche pensato, ma papà è stato tenace, i nonni, e i dottori hanno avuto il coraggio di rischiare. Proviamo ad andare avanti, hanno detto, non stacchiamo la spina. Se l’avessero fatto, tu ti saresti spento con me, e ce ne saremmo andati insieme, insieme comunque.
Saremo insieme qualsiasi cosa accada. E allora, ci si chiederà, a cosa sarà servito? Sforzi inutili, delusione doppia, una sconfitta per la scienza medica…e la libertà, di andarsene via quando è finita, chissà che ci si racconterà in giro.
Posso parlare io? Cioè, almeno a te posso dirlo? Nessuna madre avrebbe scelto altrimenti. Nessuna madre non darebbe non una, ma due vite per far battere il cuore di suo figlio. Per questo il mio batte, e spero che batta ancora a lungo, finché possano portarti in un’altra culla, più sicura, quando sarai formato. Ma intanto faccio tutto quel che posso, ti tengo al caldo, ti do la mia carne, il mio sangue, e di cuore tutte le mie preghiere, insieme ai cari parenti e amici che non ci lasciano mai.
Certo che preferisco esser qui. Papà può ancora accarezzarmi, non sono sfiorita, ho avuto un surplus dalla morte, un rinvio, un regalo. Non inutile, non vano, e non mi si parli di vittoria o sconfitta. Se ce la farai, piccolo mio, sarà una gioia saperti voluto e amato così, e vi guarderò più contenta, sapendo papà accanto a te. Se così non sarà, io non riesco proprio a sapere, ce ne andremo insieme, ma tu, bimbo, tu avrai fatto una cosa meravigliosa, così piccino, tu avrai aperto gli occhi al mondo.
Non è da noi decidere, neppure quando tutto, ma tutto dice “è così”, come se la medicina, e l’uomo, si risolvessero in un due più due. Non fa sempre quattro, e certe somme non toccano a noi. Tu bambino avrai fatto capire a tutti che possiamo solo custodirla, la vita, accoglierla, accompagnarla, fin dove è possibile. Dunque, resisti, sei prezioso ai miei occhi spenti, a quelli del tuo papà, a quelli di Chi ti ha scelto da sempre, per il grande compito e destino che ti aveva affidato. Un bacetto, mamma.