Che cos’è Halloween?”, chiese la figlioletta alla mamma. “Niente. È come le parole che inventi tu per divertirti. Tutti i bambini inventano delle parole che non esistono. E adesso fanno la stessa cosa anche i grandi”. “Ma no, mamma”, disse il fratello della bambina, “è una festa. Lo ha detto la maestra. E ci ha spiegato che in America esiste già da molto tempo e che nel giorno di Halloween si può fare paura a tutti”. Non ha del tutto torto il ragazzo – pensava la mamma – non è una parola che non significa assolutamente nulla. Da diversi anni, una festa pagana chiamata così ha fatto la sua apparizione in Europa. Ma non mi piace che lui si metta a indottrinare sua sorella su questa nuova moda. I maestri di scuola non dovrebbero parlarne come fanno tutti, come fanno la tv e i giornali; un bambino, per quanto giovane, ha bisogno di aiuto per arrivare ad avere un giudizio critico su questa realtà. Bisognerà cambiargli scuola…



Tutti i genitori erano d’accordo. Non potevano lasciar passare Halloween come se niente fosse. Quindi, avrebbero proposto ai loro figli, quel giorno, di travestirsi a casa e giocare a farsi paura tra loro. Un gioco che tutti i bambini del mondo adorano. Quello sarebbe stato il loro Halloween in famiglia.

Arrivato il grande giorno, la famiglia al completo si recò di buon’ora al grande cimitero del paese, perché per i cristiani quello era il giorno della commemorazione dei defunti. “Il nonno, la nonna, la nostra vicina, il signore che portava fuori il suo cagnolino tutte le mattine, il vecchio postino, così gentile, il nostro vecchio parroco, tutti i morti e perfino i papi hanno bisogno delle nostre preghiere”, spiegava il papà ai bambini che, invece, non vedevano l’ora di giocare a farsi paura, ma che poi andarono al cimitero senza lamentele, non solo per obbedire ai loro genitori, ma anche perché la visita al cimitero aveva un non so che di affascinante.



Quelle stradine, tutte uguali, fiancheggiate da grigie tombe a perdita d’occhio, di cui alcune pendevano verso sinistra, verso destra, in avanti, indietro, talmente erano vecchie; quelle foto di uomini e donne ingiallite dal tempo; quelle parole incomprensibili incise nella pietra, quelle facce di angeli coi loro grandi occhi che fissavano i passanti, quei giardini in miniatura che decoravano alcune tombe, senza dimenticarsi dei gatti selvatici che al loro passaggio schizzavano via con la coda ritta: erano cose da non perdere quando si presentava l’occasione.

Di ritorno a casa, dopo il pranzo di mezzogiorno, poteva cominciare il gioco di Halloween. I bambini si trasformavano, chi in un vampiro dai denti enormi, chi in un brutto stregone dal naso smisuratamente lungo e il bastone in mano, chi in una strega tutta vestita di nero, con un velo in testa che lasciava vedere solo due occhi minacciosi e l’immancabile gatto nero di peluche sulla nuca. Tutta la casa e il giardino risuonavano delle loro terribili urla, che terrorizzavano il cane a tal punto che avevano dovuto chiuderlo in un bugigattolo in fondo al giardino; il gatto si era già eclissato, acquattato in un nascondiglio di cui lui solo conosceva il segreto. Ma, eccezion fatta per gli animali domestici, nessuno aveva paura, in quanto il gioco consisteva essenzialmente nel fare paura.



“È un divertimento insignificante, per cui i bambini vanno matti. Ma se ci si mettono anche gli adulti a reintrodurre feste pagane in cui, tra le altre cose, ci si diverte a fare paura agli altri, c’è qualcosa che non va”, diceva tra sé e sé la mamma osservando il suo piccolo entourage che si divertiva come non mai. In più: «Something is rotten in the state of Denmark», in quanto ella amava citare i passaggi di Amleto, che conosceva a menadito.

Dopo ore d’intensa attività, il viavai febbrile dei vampiri, degli stregoni e delle streghe in erba si faceva più lento, le urla stridenti cessavano e i travestimenti cominciavano a dare fastidio. I vampiri si liberavano dei loro denti, le streghe sollevavano i loro veli e mandavano a passeggiare i loro gatti di peluche che le facevano sudare, gli stregoni lasciavano cadere i loro bastoni da tutte le parti e si toglievano gli ingombranti nasoni che si erano già rovinati durante i giochi. A poco a poco, i bambini ritornavano al loro consueto aspetto. Erano stanchi, ma contenti. Il gioco era finito.

Il papà faceva uscire il cane dal suo bugigattolo, il gatto veniva fuori dal suo nascondiglio e chiedeva la sua pappa, l’intera famiglia liberava la casa e il giardino dai costumi di Halloween e la vita riprendeva il suo normale corso. I genitori erano soddisfatti per come il tutto si era svolto. Su una cosa erano categorici: “Quando i nostri figli saranno più grandi, bisognerà che si dica loro, senza giri di parole, che, in quanto famiglia cristiana, noi prendiamo le distanze da tutto quello che i media e i mezzi commerciali cercano di farci credere riguardo a questa festa di origine puramente pagana”.