In un interessante articolo pubblicato nei giorni scorsi su Repubblica, Paolo Berizzi e Pietro Colaprico hanno fatto il punto su quanto raccolto in anni di indagini sul caso Yara Gambirasio, Soprattutto però su quanto raccolto su Massimo Bossetti, il presunto killer: documentazione e indizi che messi insieme vanno a costruire un importante ritratto del Bossetti. Colaprico, parlando con il sussidiario.net, ha precisato come “da soli questi indizi non servono a niente, ma messi insieme possono diventare una prova consistente”. Indizi che, aggiunge, ovviamente starà ai giudici valutare e includere nel processo a suo carico. Ma soprattutto, aggiunge Colaprico, c’è un aspetto che quasi nessuno fino a oggi ha indagato a sufficienza: è quel “retroterra” che costituisce l’infanzia di Massimo Bossetti, un retroterra pieno di indizi inquietanti. Bossetti, insomma, nell’uccidere Yara potrebbe essersi trovato solo al primo gradino di qualcosa di terribile.
Nella serie di indizi che lei e il suo collega avete riportato, c’è quello che gli inquirenti definiscono “silenzio anomalo” di Bossetti con la moglie nei giorni immediatamente successivi al rapimento di Yara. Perché questo silenzio dovrebbe essere sospetto?
Innanzitutto diciamo che tutte queste sono cose che valuteranno i giudici, noi giornalisti ci limitano a riportare i fatti. Per quanto riguarda il cosiddetto silenzio anomalo diciamo che in tema di comportamenti umani è importante che tipo di reazione ha una persona per poterla valutare.
Ci spieghi meglio.
Se io mi avvicino a suo figlio e gli tiro uno schiaffone è altamente probabile che lei lo difenda. Se non lo fa, c’è qualcosa che non quadra. Oppure, nel momento in cui a Milano c’è Kaboto che entra in un quartiere e ammazza tre persone tutta Milano si chiede cosa sta succedendo. Pare dunque strano che Bossetti che viveva a poca distanza da dove erano accaduti i fatti in quel periodo taccia su tutto e non parli con la moglie nemmeno di quando il papà di Yara va nel cantiere dove lui sta lavorando, cosa che invece lui ha ammesso agli inquirenti.
Dunque un modo per mettere a tacere tutto?
Questo mutismo per gli investigatori sembra sospetto, è un indizio in più, è una cosa strana. C’è poi da dire che ha colpito anche me cronista il fatto che quando viene rintracciato il corpo di Yara, Bossetti faccia una telefonata alla mamma dicendo vieni con me a vedere dove l’hanno trovata.
Comportamenti senz’altro strani che vanno però sommati tra di loro, giusto?
Da solo ognuno di questi indizi non serve a niente, messi tutti insieme possono diventare una prova consistente.
Però di indizi si tratta.
Ricordiamo sempre che anche se ci fosse la confessione di Bossetti, bisogna sempre cercare i riscontri, cosa che in Italia non sempre succede. Cito a caso un esempio: anche Sofri si è detto sempre innocente, eppure c’è stata una confessione alquanto contraddittoria di un pentito che gli è valsa la condanna in cassazione per il delitto Calabresi.
Tornando alla telefonata di Bossetti alla madre: lei suggerisce che tra i due ci fosse una sorta di complicità anche solo affettiva? Che lui cercava in lei un sostegno che la moglie non poteva dargli?
Lo dico con grande chiarezza: io diffido degli psicologi e dei criminologi da televisione che parlano senza aver incontrato la persona o letto le carte. Per cui io non so se lui avesse un rapporto particolare con la madre, l’unica cosa di cui sono sicuro è che è molto rilevante che la mamma menta sulle sue relazioni in famiglia e che ancora oggi rivendichi cose che non esistono.
Si riferisce alla vera paternità dei figli?
Sì, questa cosa apre davvero un buco nero sulla psiche della mamma quantomeno. La mamma di Bossetti ha fatto una sola intervista dove si è presentata molto elegante per dire che i giudici hanno detto solo boiate e il figlio è sicura che è del marito.
Certamente si è dimostrata sicura di sé.
Ma se una madre mente di fronte a prove scientifiche e non dice la verità, allora io chiedo, ma è solo una mia domanda: non il Bossetti di oggi ma il Bossetti bambino come è cresciuto? Mi fermo alla domanda non voglio contribuire alle boiate dette in televisione.
Quello che viene alla mente è che c’è un retroterra in questa storia ricco di particolari inquietanti, che ne dice?
Infatti, la parola giusta è questa, retroterra. Noi non conosciamo tante cose e se seguirò il processo cercherò di conoscerle, ma il retroterra è estremamente inquietante e su questo retroterra gli avvocati e i numerosi innocentisti da tanto al chilo non si sono mai soffermati più di tanto. L’intervista senza domande alla mamma è davvero un buco nero.
Anche l’omicidio in sé è un buco nero: di solito questo tipo di episodi sono in sequenza, difficile siano dei casi unici, sembra quasi un grido disperato da parte di qualcuno, lasciato là in quel campo desolato.
Esattamente. Noi non sappiamo cosa gli è passato per la testa all’assassino, ma potrebbe essere stato l’ultimo gradino di un percorso o il primo gradino di un altro percorso ben peggiore. Quello che sappiamo è che se lui ancora nel mese di maggio con tutto quello che è successo va sul computer a cercare ragazzine tredicenni con una particolare caratteristica fisica allora dico: ragazzi qua c’è qualcosa di altamente sospetto. Qua il giornalista deve fermarsi e lasciare le conclusioni ad altri.
Nel vostro articolo parlate poi di una lettera anonima con minacce di morte al Bossetti scritta prima dei fatti. Che importanza ha con l’indagine in corso?
Può essere totalmente neutra oppure no, certo che l’immagine di lui come persona pacifica e tranquilla che ci è stata data viene leggermente ritoccata. Anche io sono pieno di lettere anonime però fanno parte del mio lavoro, ma nessuno mi ha minacciato per cose private. La domanda è: ma che comportamento posso aver tenuto se uno mi odia al tal punto a meno che la persona sia un pazzo totale e questo credo sia quello che stiano cercando di sapere.
(Paolo Vites)