In un articolo pubblicato sull’Osservatore Romano, il penitenziere maggiore della Chiesa cattolica cardinale Mauro Piacenza spiega qual è il vero contenuto della confessione. Soprattutto, a fronte di certe discussioni che in nome della perseguibilità di crimini vorrebbero rendere pubblico il contenuto della confessione stessa, dice che il sistema di segretezza adottato “non è volto a coprire trame, complotti o misteri come si vuol far credere all’opinione pubblica”. Invece, “scopo del segreto, sia sacramentale, sia extra sacramentale, è proteggere l’intimità della persona, cioè custodire la presenza di Dio nell’intimo di ogni uomo” dice. In questo senso gli effetti che si desiderano con la riservatezza e il segreto sono per “salvaguardare la fama e la reputazione di qualcuno o rispettare diritti di singoli e di gruppi”. Dunque il segreto confessionale rimane inviolabile, dice ancora il cardinale, e la Chiesa non ammette eccezioni e anzi chi viola il segreto confessionale incorre nella scomunica. Fu nel 1215 al tempo del Concilio Lateranense IV che venne per la prima volta sancito l’obbligo morale e giuridico come legge universale della Chiesa il non violare il segreto della confessione.