Da non aver nessuna possibilità in Italia, a diventare il più giovane cardiochirurgo italiano del Regno Unito. È la storia (raccontata da Il Sole 24 Ore) di Simone Speggiorin, che a 37 lavora al Glenfield Hospital di Leicester, con tanto di equipe di supporto e sala operatoria personale. Rifiutato dall’Italia, Speggiorin ha “trovato l’America” oltre Manica, dove ha trovato quell’opportunità sempre negatagli dal suo Paese: qui, tutti i giorni, opera bambini (oltre 500 in quattro anni). È infatti chirurgo pediatrico e presta il suo servizio anche in India, collaborando con l’organizzazione benefica “Healing Little Hearts”. Laureatosi in Medicina in appena 6 anni all’Università di Padova si è specializzato in cardiochirurgia: “Il mio primo mentore, il professor Giovanni Stellin, sapeva che finita la specialità non avrebbe potuto offrirmi un lavoro in Italia e mi invitava a partire per completare il training. I cardiochirurghi pediatrici sono passati tutti da un’esperienza all’estero. Uscire ti apre la mente, capisci come si fa e poi ti metti alla prova”. Ecco dunque che Simone va a Boston e poi a Londra, per tornare a casa a 28 anni, chiedendo una possibilità, che non arriva. Ha però la fortuna di seguire il professor Martin Elliott, direttore del Great Ormond Street Hospital di Londra, uno dei cinque migliori ospedali pediatrici del mondo: “Sono partito lasciando a casa tutto. Gli affetti e le sicurezze del “sistema Italia”. Arrivato a Londra già specialista in cardiochirurgia mi hanno detto: ok, ora ricominci da zero. Si dice junior, in pratica ti rimbocchi le maniche e ritorni a fare lo specializzando” racconta. Nel mentre però partecipa a un concorso per un posto all’ospedale di Ancona, la cui risposta sarebbe arrivata solo tre anni dopo: “Avrei dovuto mettere la mia vita in modalità pausa per tre anni e aspettare la loro risposta? Non era nei miei piani”. E di tornare in Italia, ovviamente, non he ha adesso alcuna intenzione: “Non torno, non ora. Me ne sono andato perché il nostro non è un Paese per giovani. I miei compagni di università sono quasi tutti all’estero. Eravamo un gruppo di persone consapevoli che, se volevamo qualcosa, dovevamo andare a prendercelo. Del gruppo, io non sono il più bravo. Tra i miei amici c’è Paolo De Coppi, lo scienziato di 41 anni che ha scoperto le cellule staminali nel liquido amniotico. Lavora a Londra. Ho un amico in Silicon Valley che crea una startup dopo l’altra. Un altro mio coetaneo di Padova è professore di economia in Australia”. Quando si dice fuga di cervelli…