La tradizione della commemorazione dei defunti del 2 novembre secondo alcuni studiosi sarebbe in realtà ispirata dal rito bizantino: nell’antica Bisanzio, infatti, si teneva in un unico giorno la celebrazione in ricordo dei morti, per l’esattezza nel sabato che precedeva di quindici giorni la Quaresima. Già nelle cronache precedenti all’anno Mille, infatti, si trova traccia della messa celebrativa in latino, dedicata alla commemorazione, che in onore dei defunti vedeva suonare le campane con rintocco funebre subito dopo la messa tradizionale, proprio in ricordo dei fedeli scomparsi. La festività vera e proprio venne istituita molto più avanti, probabilmente addirittura nel sedicesimo secolo, quando cominciarono a delinearsi i tratti caratteristici che la Chiesa cattolica odierna ha mantenuto, come il colore viola, ad esempio, che caratterizza i paramenti dell’occasione, che nel cristianesimo è il colore del dolore e della penitenza. La grande importanza della celebrazione è resa dalla consuetudine per cui, nel caso che il 2 novembre fosse coinciso con la domenica, per poter dedicare ai defunti un’intera giornata la messa celebrativa per i morti sarebbe stata rinviata l lunedì 3: questo per non coniugare una giornata di festa come quella domenicale con la dolorosa celebrazione di chi è venuto a mancare. Data la grande importanza della festività, la celebrazione ha dato luogo a differenti tradizioni nei vari paesi in cui è stata adottata, dall’Italia alle cattoliche Filippine. In queste ultime, ad esempio, è tradizione, dopo la messa celebrativa, recarsi nei cimiteri per adornare le tombe dei propri cari ed abbellirne, in segno di omaggio. In Italia, invece, le usanze cambiano di regione in regione, anche se in tutto lo stivale è diffusa la visita al cimitero dopo la messa, per portare fiori e omaggiare così i propri defunti.
In diverse regioni, invece, è usanza conciliare i più piccoli con la celebrazione dei morti rendendola una vera e propria festa, con regalini e dolciumi: in Sicilia, ad esempio, nella notte tra il 1 novembre ed il 2 i defunti portano ai bambini regali e dolci tipici locali, che non a caso, come in altre regioni, prendono il nome di dolci dei morti. Nei secoli scorsi, inoltre, la festività diventava una scusa per essere generosi con i meno fortunati, con forme più o meno amorevoli di condivisione dei propri beni: se infatti a Massa Carrara si condivideva il proprio cibo con i più poveri, e chi possedeva una cantina donava un bicchiere di vino ai bisognosi che volevano aprofittarne, nella zona dell’Argentario ai bambini orfani veniva fatta indossare una casacca provvista di tasca anteriore, nella quale chiunque poteva mettere cibo e beni che avrebbero aiutato i piccoli a sostentarsi per le settimane successive. Allo stesso tempo, ancora nelle località a ridosso del Monte Argentario, sulle tombe dei bambini defunti venivano poste delle scarpette, per permettere loro, nel giorno dedicato ai morti, di tornare a passeggiare per una giornata in mezzo ai vivi sotto forma di piccoli angeli. Nei paesi anglosassoni invece, e curiosamente anche nel nostro Abruzzo, il simbolo della giornata è la zucca svuotata, intagliata per conferirle un aspetto macabro, e illuminata dall’interno con una candela accesa. E’ così che in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America viene festeggiato Halloween, che coincide proprio con la celebrazione dei morti, con maschere e scambio di dolci tra grandi e piccini, con una rilettura un po’ orrorifica ma anche satirica della celebrazione di chi è scomparso. Una festività, quindi, che affonda le sue radici nei tempi antichi ma che tuttora permane, e che insegna il rispetto per chi è vissuto prima di noi.