Sarò matto, ma quando ho appreso la notizia che un ragazzo di 16 anni di Napoli, arrestato per spaccio di droga e affiliato ad un clan camorristico, ha rinnegato in tribunale la madre diventata collaboratrice di giustizia, che aveva chiesto aiuto al giudice per strappare il figlio alla malavita, mi è venuto in mente Gesù. Tutti e tre i Vangeli sinottici riportano un episodio strano, che sembra anch’esso un rinnegare la Madre: “Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti». Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre»”.
Il fatto evangelico e quello di Napoli sembrano convergere verso un punto di accordo: esiste un amore più grande di quello di una madre, con buona pace di tanti teorici del mammismo assoluto, ideologia ben radicata in Italia. Ecco dunque una bella lezione per molti: finita l’infanzia, il cuore di mamma non basta più. Esiste un punto di rottura di fronte a cui le tante mamme (e oggi, ahimé, i tanti mammi), che continuano a rimandare a se stessi come unica o miglior salvezza per i figli, devono arrendersi. Dal punto di vista psicologico ed esistenziale ciò che è successo al giovane camorrista di Napoli succede a molti ragazzi, forse a tutti: ad un certo punto l’affetto familiare non basta più. Tutti sentono prima o poi questo desiderio di un’affezione, un’appartenenza altra, diciamo pure (a sentire Gesù), più grande persino dell’amore materno, quello che persino nel Vangelo, in un altro passo, è paradigma di amore gratuito e sconfinato. Ma insufficiente.
I genitori, babbi e mamme, sono in realtà dei traghettatori, verso ideali e affetti che non possono fermarsi solo a se stessi, fossero anche disposti al sacrificio della vita, come per molti è. Non credo, o non spero almeno, che i genitori dei tanti giovani occidentali che vanno a fare la guerra santa musulmana nell’Isis vogliano questo per i figli: ma un ideale più grande, ancorché tragico e assurdo, è ciò che si desidera e ciò che questi giovani cercano strappandosi al cuore di mamma.
La seconda considerazione riguarda la natura della camorra e di queste affiliazioni alle varie possibili mafie di cui in Italia siamo tutt’ora i più fantasiosi inventori. Non si tratta solo di adesioni per necessità, per desiderio di denaro e di delinquere, o per la pressione dell’ambiente in cui ci si trova a nascere. C’entra evidentemente anche qui qualcosa di più grande del cuore di mamma, quindi qualcosa di affettivo e ideale.
Per lealtà ad una appartenenza questo ragazzo di 16 anni, età in cui frequentemente si riscontrano fragilità enormi, oppone coraggiosamente davanti a un giudice la ricusazione della propria madre, la chiama “infame” e cambia avvocato. La questione concerne valori a loro modo grandi, quasi un significato di vita, quasi religiosi (tant’è vero che quando Papa Francesco ha espresso la volontà di scomunicare i mafiosi, molti di questi hanno rifiutato di andare a messa, facendo una scelta di campo persino nei confronti di Dio).
Cosa può opporre lo Stato, la società, la nostra convivenza civile a questa idealità così forte? Sono sufficienti la polizia, il controllo del territorio (che non c’è), la magistratura? Evidentemente no. Ogni genitore farebbe meglio a pensare quale idealità forte e quale appartenenza grande sta proponendo ai figli, perché questi possano avere almeno una possibilità positiva di scelta quando si accorgeranno che le mamme in sé non bastano a rispondere al desiderio grande e drammatico della vita.