Una impronta di scarpa trovata sulla scena del delitto potrebbe riaprire parzialmente il processo a carico di Salvatore Parolisi, l’ex caporale degli Alpini, in carcere con l’accusa di aver ucciso la moglie, Melania Rea, il 18 aprile 2011 con 35 coltellate. Si tratta di una nuova perizia della difesa che tende a dimostrare che sul luogo dove è avvenuto l’omicidio c’era qualcuno che non era Parolisi. Una impronta, inferiore al numero 40, che non è riconducibile a scarpe indossate dalla vittima, né tanto meno a Salvatore Parolisi che porta il numero 43. Una impronta che è stata isolata dagli investigatori alla base del chiosco di Casermette di Civitella del Tronto (Teramo), proprio vicino al luogo dove è stato trovato il corpo senza vita di Melania. Una traccia ritenuta non necessaria ai fini della decisione dalla Corte d’Appello de L’Aquila, che aveva rigettato la richiesta di approfondimento avanzata dalla difesa, in quanto non sarebbe stato possibile individuare il modello di scarpe indossate quel giorno da Parolisi. Facciamo un passo indietro. Quel giorno, il 18 aprile 2011, Melania esce di casa con il marito e la figlioletta Vittoria di 18 mesi. Escono per fare una gita sul colle San Marco di Ascoli Piceno. Melania si allontana per andare in bagno in uno chalet: “Il Cacciatore”, ma nessuna la vede entrare, la donna scomparirà nel nulla. Venti minuti dopo, il marito – non vedendola tornare – lancia l’allarme Così iniziano le ricerche che si concluderanno due giorni dopo in un bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, dove viene ritrovato il corpo martoriato da 35 coltellate di Melania. A segnalare il ritrovamento del cadavere sarà una telefonata anonima fatta alla polizia intorno alle 15 da una cabina telefonica, non rintracciabile. (Serena Marotta)



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