«Non so perché sono qui, mi hanno spiegato che ho ucciso una persona ma non ricordo quel momento». Ha detto così il paziente della psichiatra barese Paola Labriola, uccisa il 4 settembre 2013 nel corso di una visita nel centro di salute mentale di via Tenente Casale, nel quartiere Libertà di Bari. È in corso l’udienza che lo vede imputato per l’assassinio della psichiatra che si sta celebrando nel Tribunale di Bari con il rito abbreviato. Il pm ha chiesto 30 anni di reclusione. Intanto, seppure l’imputato ha dichiarato di non ricordare nulla, la perizia pscichiatrica effettuata dal professore di psicopatologia forense del Policlinico di Bari Roberto Catanesi ha accertato un “disturbo della personalità con prevalenti tratti borderline-antisociali”, ma lo ha ritenuto capace di intendere e di volere. Ciò nonostante il difensore del paziente, l’avvocato Filippo Castellaneta, ha chiesto il riconoscimento della semi-infermetà mentale. Intanto l’avvocato Michele La forgia ha quantificato il risarcimento dei danni nei confronti del marito, tre figli – di cui due gemelli minori – ed ex marito della vittima per 1 milione 300mila euro. Adesso si attende la sentenza del gup Roberto del Castello per le 16. L’uomo uccise la dottoressa con 50 coltellate e fu arrestato qualche minuto dopo il delitto dalla squadra mobile. (Serena Marotta)