A Napoli il lupo non perde il pelo e non perde il vizio. Il sindaco Luigi de Magistris, interdetto per qualche settimana e poi riabilitato con la sospensione della sospensione, un accidente che solo in certe città particolarmente sfortunate può capitare, ha preso gusto a lavorare in strada e della strada ha preso il piglio barricadero della sua nuova vita di pubblico amministratore.



Rivoluzionario si è sempre piccato di essere. E l’immagine della bandana arancione calcata sulla zucca ben si accorda con il proposito di “scassare” alla base della sua fortunata, in quanto a voti raccolti, campagna elettorale. Ma adesso che si sente tradito da quella magistratura che gli ha dato accoglienza e notorietà, dalla rivoluzione concettuale è passato a quella fattuale.



E se fosse stato fisicamente presente si sarebbe volentieri messo alla testa della massa di uomini e donne che ieri hanno marciato in direzione di Città della Scienza — nota alle cronache per l’incendio che ha mandato distrutto un capannone — per protestare contro il decreto Sblocca Italia, che stabilisce tra l’altro il commissariamento di Bagnoli dopo il fallimento della società che avrebbe dovuto riqualificarla.

Il fatto è che il provvedimento voluto dal premier Matteo Renzi, che ad agosto era venuto in città per annunciarlo, ha estromesso dal processo decisionale il Comune, e il sindaco che in un primo momento aveva firmato l’accordo, sia pure a denti stretti, ha deciso adesso di sfilarsi dall’intesa minacciando di fare fuoco e fiamme per recuperare la centralità perduta.



Indifferenti alla circostanza che da vent’anni a questa parte le amministrazioni che si sono succedute non sono riuscite nemmeno ad avviare la bonifica nonostante la montagna di soldi ricevuta, tanto che la magistratura ha più volte sequestrato i suoli per la loro carica d’inquinamento, i governanti di oggi rivendicano quella capacità decisionale che quando hanno avuto non hanno saputo usare.

Dunque, gridando allo scandalo per l’esproprio subito e denunciando presunti intenti speculatori per la necessità largamente condivisa dagli imprenditori di modificare lo stato degli investimenti in direzione del mercato (tutti i tentativi finora espletati di vendere i suoli sono andati deserti), si è rapidamente montato un movimento antagonista pronto alla lotta.

La somma di sigle, le più disparate, che si sono ritrovate ieri a contestare il contestabile cercando di forzare cancelli che non si sono aperti (di qui i tentativi di sfondamento respinti dalle forze dell’ordine e la confusione che n’è scaturita e le contusioni che si sono contate), hanno trovato legittimazione nella posizione ufficiale del Municipio al quale non è certo dispiaciuta la fiammata di piazza. 

Ora, dissentire è un diritto incomprimibile e nessuno può negare il suo esercizio. Ma il modo non può essere quello espresso ieri e la violenza dovrebbe essere un linguaggio bandito da ogni contesto. A soffiare sul fuoco facilmente ci si scotta e le fiamme possono fare più danni di quanti si possa immaginare o sperare. Proprio come è già accaduto a Bagnoli col capannone di Città della Scienza di cui oggi osserviamo lo scheletro lugubre.