Non violò la riservatezza il giudice Antonio Esposito, presidente del collegio che ha condannato Silvio Berlusconi al processo Mediaset, la sezione disciplinare del Csm lo ha infatti assolto. Tutto ha avuto inizio da un’intervista rilasciata dal giudice al quotidiano “Il Mattino” prima della pubblicazione delle motivazioni della sentenza. Sentenza che ha condannato Berlusconi a quattro anni per frode fiscale. Per quell’intervista, il Pg della Cassazione aveva contestato a Esposito tre violazioni disciplinari: il dovere di riservatezza, aver violato una disposizione interna alla Cassazione, secondo cui a tenere i rapporti con la stampa è un ufficio preposto e aver reso pubbliche dichiarazioni che riguardano «soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti». A destare l’ira del Pdl fu un passaggio nell’intervista, quello su Berlusconi condannato non perché “non poteva non sapere ma perché sapeva”, che fu smentito poi dal magistrato che accusò il quotidiano di aver manipolato il testo, il Pdl accusò di conseguenza il magistrato di aver anticipato le motivazioni della sentenza prima che queste fossero depositate. La pratica sul trasferimento d’ufficio del presidente fu archiviata nel 2013 dal Csm, nonostante ravvisasse nella condotta del magistrato “profili di natura disciplinare e deontologica”, rivolgendo a Esposito dei richiami, ricordandogli che i magistrati sono tenuti ad osservare “misura e riservatezza”, «non cedere a fuorvianti esposizioni mediatiche», «non indulgere in atteggiamenti protagonistici e personalistici». (Serena Marotta)



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