Il 18 dicembre si festeggia San Malachia, colui che viene considerato l’ultimo dei dodici profeti minori all’interno della Bibbia, e di conseguenza indicato dagli Ebrei come il “Sigillo dei profeti”. Un ruolo peraltro ricoperto anche all’interno della tradizione cristiana. Della sua vita, si hanno poche e frammentarie notizie. In base ad esse, San Malachia sarebbe nato a Sofa, all’interno della tribù di Zabulon e sarebbe vissuto negli anni successivi all’esilio babilonese, ovvero dopo il 538 avanti Cristo. Resta però abbastanza complicato riuscire a capire con assoluta certezza la collocazione temporale delle profezie di cui viene indicato in qualità di autore nei confronti del rientro di Esdra, il sommo sacerdote che codificò il giudaismo, in Palestina. Secondo alcuni esperti, proprio il fatto che le opere di Esdra non lo ricordino in alcun modo, sarebbe la prova evidente che Malachia avrebbe vissuto in epoca successiva, andandolo di conseguenza a collocare sulla scena palestinese negli anni che sono compresi tra il 519, ovvero dopo la ricostruzione del tempio di Gerusalemme, e il 425 avanti Cristo.
Il libro delle profezie di Malachia, composto da sei brani abbastanza simili nella loro struttura narrativa, è una sorta di trattato dei problemi morali insorti nell’ambito della comunità ebraica dell’epoca. I temi predominanti sono soprattutto il tradimento del proprio ruolo di guida spirituale da parte dei sacerdoti e il problema rappresentato per la società dai matrimoni misti e dallo sgretolamento dell’istituto familiare derivante dai divorzi. Un particolare accento viene riservato alla pura esteriorità dei riti del tempio, la cui celebrazione era ritenuta dall’autore ormai svuotata di ogni reale significato e di conseguenza del tutto inutile a livello spirituale. Proprio in questo svuotamento di ogni significato dei riti relativi al culto di Iahweh, Malachia vede peraltro il tradimento perpetrato dalla casta sacerdotale, ricordando che la cosiddetta elezione degli Ebrei in qualità di popolo eletto, non sarebbe ridotta ad un puro privilegio, ma vedrebbe discenderne obblighi ben precisi, cui evidentemente essi avevano abdicato con il passare del tempo.
L’ultima parte del libro vede San Malachia annunciare l’arrivo sulla Terra del Messaggero divino, con il preciso intento di operare una selezione in grado di separare i fedeli dagli empi all’interno del popolo ebraico. Una venuta preceduta a sua volta da quella di un inviato misterioso, figura nella quale in molti hanno ravvisato la figura di Giovanni Battista. Proprio l’arrivo del Messia, secondo la profezia di San Malachia, avrebbe quindi portato con sé il pieno ristabilimento dell’ordine morale e culturale, testimoniato dall’offerta a Dio di un sacrificio da parte di ogni nazione, ovvero l’Eucaristia. Proprio il contenuto del libro in questione, ha permesso di precisarne la data in cui avvenne la composizione, datandola in un’epoca precedente alla proibizione dei matrimoni misti, di cui viene ritenuto artefice Neemia, nel 445 avanti Cristo. Per quanto concerne il ruolo riservato a San Malachia all’interno della Chiesa cattolica, va ricordato come i Padri della stessa vedano nel profeta minore il preannuncio del sacrificio della Messa, il ridimensionamento di Gerusalemme e l’istituzione del rito dell’Eucaristia per l’umanità intera. Va infine precisato che secondo alcuni studiosi, San Malachia non sarebbe mai esistito e che il suo libro sarebbe nella realtà un semplice manoscritto anonimo. In effetti, in ebraico, il nome in questione ha il significato di “il mio messaggero”, ovvero non corrisponderebbe ad un nome proprio, bensì a uno comune.