Anche nella giornata di oggi in cui si celebra Santo Stefano, Papa Francesco ha voluto nuovamente rivolgere il proprio pensiero ai cristiani perseguitati: “Preghiamo in modo particolare per quanti sono discriminati, perseguitati e uccisi per la testimonianza resa a Cristo. Vorrei dire a ciascuno di loro: se portate questa croce con amore, siete entrati nel mistero del Natale, siete nel cuore di Cristo e della Chiesa”, ha detto durante l’Angelus. Il Santo Padre ha poi aggiunto: “Grazie anche al sacrificio di questi martiri di oggi – ne sono tanti, tantissimi – si rafforzi in ogni parte del mondo l’impegno per riconoscere e assicurare concretamente la libertà religiosa, che è un diritto inalienabile di ogni persona umana”.



Alle ore 12 di oggi, venerdì 26 dicembre 2014, il giorno dedicato a Santo Stefano, Papa Francesco reciterà l’Angelus in piazza San Pietro a Roma. L’evento, in programma a partire dalle ore 12, sarà visibile anche in diretta streaming su YouTube grazie al servizio realizzato dal Centro Televisivo Vaticano. “Gesù, il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, è nato per noi. E’ nato a Betlemme da una vergine, realizzando le antiche profezie. La vergine si chiama Maria, il suo sposo Giuseppe”, ha detto ieri il Santo Padre nel tradizionale messaggio natalizio ai fedeli presenti in Piazza San Pietro nella Solennità del Natale del Signore, subito prima di impartire la benedizione Urbi et Orbi. “Sono le persone umili, piene di speranza nella bontà di Dio, che accolgono Gesù e lo riconoscono. Così lo Spirito Santo ha illuminato i pastori di Betlemme, che sono accorsi alla grotta e hanno adorato il Bambino”.



Il 26 dicembre, la Chiesa Cattolica commemora Santo Stefano, il primo dei sette diaconi che vennero scelti dalla comunità cristiana in modo da aiutare gli apostoli ad amministrare la fede. La celebrazione liturgica di Santo Stefano ricorre da sempre il 26 dicembre, a ridosso quindi del Natale, in quanto proprio nei giorni successivi al manifestarsi del Figlio di Dio, il martirologio cristiano pone i cosiddetti “comites Christi”, coloro che essendo stati i più prossimi a Gesù nella sua vita, furono anche i primi a testimoniarne la Via Crucis. In particolare, Santo Stefano viene venerato da cattolici e ortodossi in qualità di protomartire, primo in assoluto a sacrificarsi al fine di diffondere il Vangelo e testimoniare la propria fede. Un martirio, il suo, raccontato negli Atti degli Apostoli dai quali traspare in tutta la sua grandezza il suo sacrificio, a seguito di lapidazione, cui fu presente Saulo, ovvero Paolo di Tarso. Di Santo Stefano si hanno pochissime notizie e frammentarie, tali da lasciare molti dubbi sulla sua figura. Secondo alcune fonti si tratterebbe di un greco, ipotesi avvalorata dal fatto che la Gerusalemme dell’epoca fosse un vero e proprio crocevia di popoli e religioni differenti. Secondo altri Santo Stefano sarebbe invece un ebreo che dopo essersi abbeverato alla fertile cultura ellenistica, avrebbe poi deciso di convertirsi al cristianesimo, uno dei primi ebrei ad operare questa scelta. Gli ultimi giorni della sua vita sono raccontati negli Atti degli Apostoli, che partono narrando i motivi che spinsero i dodici apostoli ad affidare a sette dei loro discepoli il compito di amministrare la fede, incombenza che toglieva loro prezioso tempo il quale doveva invece essere impiegato nella preghiera e nella predicazione della parola di Dio. La proposta fu accettata e oltre a Santo Stefano, furono scelti Nicola di Antiochia, Procoro, Filippo, Timone, Nicanore, e Parmenas. Proprio da questo fatto, la Chiesa fa discendere l’istituzione del ministero diaconale. Santo Stefano, in particolare, espletò il compito affidatogli con grazia non disgiunta da estrema decisione, non limitando la sua funzione al semplice lavoro di carattere amministrativo, ma dedicandosi anche ad una fervente predicazione, che lo vide attivo in particolare tra gli ebrei della diaspora di passaggio a Gerusalemme. I successi riportati in questa attività, attirarono però su Santo Stefano le attenzioni degli ebrei ellenistici, con anziani e scribi ben decisi a neutralizzarlo ad ogni costo. Per farlo, essi ricorsero a false testimonianze, che lo portarono di fronte al Sinedrio, ove tenne fermo il suo punto di vista contro chi ai suoi occhi rimaneva cieco di fronte al vero messaggio divino. Un coraggio indomabile che però fu punito con la successiva lapidazione, nonostante la mancanza di un atto ufficiale del Sinedrio, che dal suo canto non aveva facoltà di pronunciare sentenze capitali. In pratica si trattò quindi di un vero e proprio linciaggio, anche se al termine dello stesso alcuni dei presenti decisero di non lasciarne il corpo in pasto alle bestie, triste consuetudine in casi simili, ma di procedere alla sua sepoltura. Il tutto mentre la città Santa vedeva l’inizio di una feroce persecuzione contro i cristiani, capeggiata da Saulo. Dopo questi fatti, la frattura tra cristiani e sinagoga ebraica divenne irreparabile, spingendosi alla definitiva separazione, che avrebbe infine condannato la seconda ad un ruolo marginale, mentre i primi iniziavano la loro espansione all’interno del mondo greco-romano. Proprio le modalità della sua morte, permettono peraltro di datare la data del martirio di Santo Stefano. Infatti, l’utilizzo della lapidazione invece che della crocifissione usata solitamente dai Romani, consente di stabilire che il tutto ebbe luogo nel periodo di vuoto amministrativo successivo alla deposizione di Ponzio Pilato, avvenuta nell’anno 36 a seguito della palese inimicizia con cui lo stesso era visto dopo l’eccesso di violenza che aveva dispiegato al fine di spegnere la cosiddetta rivolta del monte Garizim. Un vuoto di potere che aveva consegnato il comando proprio al Sinedrio, con la conseguenza della diffusione dei linciaggi tramite lapidazione. In particolare, nella Bibbia è scritto che Santo Stefano si sarebbe inimicato alcuni liberti, ovvero i discendenti di quegli Ebrei che erano stati resi schiavi da Pompeo riottenendo solo in seguito la propria libertà. Proprio i liberti furono tra coloro che incitarono la folla al Sinedrio al fine di lapidarlo.