Continua il nostro lavoro, ragazzo per ragazzo, giorno per giorno, passo dopo passo, famiglia per famiglia, la vita delle nostre Comunità, insomma… Questo è il lavoro più importante, quello che magari meno si vede.

Ma è l’anno del nuovo Tingolo, finalmente trasferiremo la sede delle ragazze, nell’anno del venticinquennale dell’Imprevisto.



E’ l’anno della Russia: il mio primo libro tradotto in russo (dove mai arriverà il secondo).

Chi l’avrebbe mai detto: cose così belle e grandi, da poveretti come me, come noi. Spesso mi fermo a guardarci, a pensare a me, agli operatori… Dei piccoli  uomini, un tempo sperduti per il mondo, persone semplici… chiamati a tanto!



Ecco, occorre proprio aspettarsi tutto dalla vita, non dalle nostre capacità.

Desidero e chiedo, anche per i miei amici operatori, di cercare sempre il dono dell’umiltà. Con una battuta si potrebbe dire che neanche in fatto di umiltà vogliamo che ci batta nessuno.

Il nostro valore è l’attesa, la promessa che siamo, come quando eravamo bambini, che desideravamo il mondo intero, che la nostra bellezza non erano i soldi, il corpo, le cose, il potere, il merito… ma il cuore, il desiderio che avevamo, l’infinita fame e sete di tutto. 

Noi nasciamo con una promessa, come promessa. “Dimmi la promessa che c’è nel tuo cuore? Non il male che hai commesso”. E’ come se ogni giorno in Comunità, in forza di ogni attività, ci chiedessimo questo. L’implacabile promessa.



Allora si capisce che non c’è disastro, sventura più grande che far scomparire l’io, il cuore della persona, del ragazzo nel nostro caso. Cioè questa attesa, questa promessa che siamo. Questo grido. Ecco l’aberrazione più grande del nostro tempo, l’imbarbarimento dell’animo, dell’animo dell’uomo.

Noi vogliamo sempre vedere, scoprire, ammirare nell’uomo il germoglio, la primavera del suo cuore, la inevitabile, indistruttibile, inesorabile voglia di vita, il bisogno di vita che è.

Non una vita qualsiasi, ma una vita come dono, come grazia; tutto è grazia. Un imprevisto, appunto. Una novità, un avvenimento, imprevedibile e sovrabbondante. 

Desideriamo essere uomini forti, veri, uomini che sono sé stessi… unica garanzia contro tutte le tentazioni. Non siamo qui innanzitutto per aiutare altri, ma per noi stessi.

Prendere sul serio la vita, secondo tutte le sue manifestazioni, la sua ampiezza.

Lo spessore di una esperienza che rompa la misura solita, abitudinaria, scontata, il calcolo misero e sconsolante. 

Vogliamo abitare ed essere abitati da luoghi pieni di fascino, per questo il teatro, no? Sennò facevamo bulloni, costruivamo case! No?

Luoghi di amicizia, dove essere accolto e perdonato per quello che sono, dove è possibile essere fratelli. Basta tutto questo continuo concentramento sull’io della persona, sulle sue capacità, sui suoi strumenti, successi, fallimenti. E’ una concentrazione mortale e mortifera sul sé: che sperduta sconsolatezza. Questa insopportabgile vivisezione della persona a cui porta certa e tanta psicologia.

Mentre, di più, la questione è fuori di sé, fuori da sé. Uno sguardo che ti abbraccia perdonandoti e che ti lancia dentro un entusiasmo di vita. 

Fratelli (lo sentiremo nelle testimonianze). In questa guerra che è la vita, la vita dei giovani, vogliamo essere fratelli, capaci di uno sguardo dove la pietà umana è la regina della casa. Altrimenti l’uomo, il ragazzo, è prigioniero di tutto, di ogni istinto, di ogni effimero momento, di ogni altro che voglia esercitare un potere, una pretesa… Ragazzi schiavi di ogni impulso, di ogni moda, di ogni stormir di fronda… Ossia ragazzi pieni di paura, perseguitati dalla paura, pieni di colpa. 

L’attesa della vita è inevitabile, altro che il dominio del dubbio.

Ecco perché facciamo quest’esperienza dell’Imprevisto: per essere fratelli, per imparare insieme ad essere fratelli. 

Certo, noi grandi, noi operatori, consapevoli della nostra reponsabilità, della nostra adultezza verso i piccoli, quindi anche perseguendo una precisione, una fermezza. Una severità.

Pertanto chiediamo a gran voce di poter continuare, sempre meglio e sempre di più, a compiere questa esperienza di amore che è l’Imprevisto. Quest’esperienza di gratuità. 

Sì, perche desideriamo andare al fondo della ragione del vivere, della mia e della tua vita. Vogliamo chiederci ed approfondire questa ragione di vita. Sicuri come siamo che la nostra storia viene da lontano e andrà anche molto lontano, porterà sicuramente un grande frutto, essendo che non è una storia nostra.

E dunque c’è ancora molto da cercare, da attendere, da capire, da scoprire. Siamo e speriamo di essere sempre inquieti ed irrequieti.  

 

DARIO: ECCO COME SONO DIVENTATO UNA PERSONA DIVERSA

Buongiorno a tutti, mi chiamo Dario Principini, ho 25 anni e vengo da Marina di Altidona, un piccolo paese in provincia di Fermo.

Sono entrato in comunità il 27 agosto del 2012 per problemi di tossicodipendenza, ma oggi ho preso consapevolezza che il mio disagio andava al di là di ogni singola sostanza, sono sempre stato un ragazzo molto fragile, pieno di insicurezze e non avevo un briciolo di stima nei miei confronti.

Tutto ebbe inizio da quando avevo più o meno 14 anni, vedevo altri ragazzi, uscivano e andavano a ballare, facevano tardi, mentre io ero sempre la pecora nera che alle 11.30 aveva il coprifuoco. Ogni momento mi sentivo fuori luogo, così una volta ho provato a seguire loro… a trasgredire tutto quello che la mia famiglia fino ad allora mi aveva insegnato ed educato.

Da lì la mia vita ha preso una piega completamente diversa, rientravo a casa quasi e solo esclusivamente per dormire, il rapporto con i miei genitori e la mia povera sorella si stava sgretolando giorno dopo giorno e io mi accorgevo che non ero solo… ero sempre insieme a lei, ovunque andavo mi seguiva come fosse la mia ombra… l’eroina; la cosa più triste è che pensavo che proprio allora avevo trovato la vera felicità… il mondo mi sorrideva, soldi, ragazze, non sentivo più dolore, non provavo più emozioni verso tutto e tutti, vivevo in un mondo parallelo, un mondo tutto mio, fatto di droga, casini e menzogne.

Più passavano gli anni e più credevo di essere padrone di me stesso, anche i miei genitori alla fine avevano quasi perso le speranze, le avevano provate tutte, ormai non sapevano più come aiutarmi finché non arrivò quel momento… Quel giorno esatto che mia sorella prese una posizione, ancora il ricordo di quelle parole è vivo dentro il mio cuore. Stavo facendo dei colloqui familiari con la psicologa del Sert, lei non si era mai presentata, una sera stavo veramente male e le ho chiesto dei soldi in prestito per andarmi a fare. Lei, disperata, me li ha dati… penso che quello sguardo non lo dimenticherò mai. Il giorno dopo come ogni giovedì sono andato al Sert ed ecco l’imprevisto, quel giorno si presenta anche lei. Poche parole, ma molto chiare: Dario è ora che la fai finita, è ora che ti fai aiutare seriamente da qualcuno perché così non puoi più andare avanti, sennò io e noi tutti ti perdiamo. 

Da lì è scattato subito qualcosa dentro di me, un grido che non voleva uscire fuori. Dopo un mese entrai all’Imprevisto.

La prima cosa che mi ha colpito, appena ho attraversato i cancelli, sono stati gli sguardi dei ragazzi e degli operatori, pieni di una gioia quasi indescrivibile. Nonostante ciò il mio ingresso non è stato per niente facile, ancora mi portavo dietro tutto il marcio che avevo tenuto per me, soprattutto la droga. Ogni giorno si faceva sentire sempre di più. Sono entrato in galera, la mia libertà è finita, mi ripetevo. Povero illuso che ancora ero. Invece la mia vita era veramente reiniziata da tutte quelle piccole cose che ti mette davanti il quotidiano, che può essere le pulizie, rifarsi il letto la mattina, stirare, cucinare per altri 20 amici che insieme a te stanno affrontando questa avventura; bellissimo.

Dentro questo posto posso dire, anzi affermare con assoluta certezza che ho veramente trovato degli amici veri, pronti ad aiutarti senza nulla in cambio, gratuitamente, al contrario di come era fuori e di quelli che io definivo amici, perché comunque non posso dire che a casa non avevo persone o amici che mi sono stati vicino per molti molti anni.

Ora mi sento un ragazzo diverso, nuovo, cambiato su come affronta la vita, ogni mattina davanti allo specchio vedo un Dario sereno, con delle idee ben precise, con dei sogni o meglio desideri. I miei occhi splendono, ridono, parlano, finalmente hanno un’espressione mentre prima erano completamente morti. Osservo un ragazzo felice, felice di quello che ha fatto, delle scelte che ha portato avanti anche con difficoltà, perché ci vuole sacrificio per raggiungere tutto questo.

Vedo una persona che ha capito che la vita è fatta di gioie e delusioni, momenti felici e tristi, lacrime e sorrisi alcune volte associate, che bello: vedo un uomo che finalmente ha scelto la vita, anche con la scelta di passare in casa di reinserimento; un’altra decisione difficile, ma eccoli, ancora altri amici pronti ad illuminarmi il cammino. Sì, posso gridarlo al mondo intero, Dario ha scelto la vita. 

Un grazie veramente di cuore a Silvio e tutti gli operatori, agli assistenti sociali del Sert di Porto Sant’Elpidio, in particolare Rosita e Adele, a tutta la mia famiglia che anche da lontano mi ha sempre supportato; un saluto particolare al mio amico Stefano che non mi ha mai abbandonato e un saluto anche a te, Enrico amico mio, che purtroppo non ce l’hai fatta, sarai sicuramente fiero di me. Grazie a tutti.

NEI MOMENTI PIU’ BUI SEI VENUTO DA ME: LA MAMMA DI DARIO

Emozioni; ovvie, inaspettate, sofferte, nascoste, soffocate, rinnegate, evidenti, spontanee.

Come negare l’emozione di questo momento.

Da sempre è un susseguirsi di emozioni.

Da giovane donna scoprirsi madre, per la prima volta, mai più solo donna, ma Madre per sempre.

Sentirsi Madre nel proprio intimo, qualcosa di piccolissimo che cresce, si muove e in molti momenti cerca già di comunicare.

La sorpresa di vederlo e di mostrarsi.

La coscienza che ti mostra quanto sia indifeso e fragile, quanto la sua sopravvivenza dipenda da me, in tutto e per tutto. Emozioni.

Il lungo viaggio di una vita che cresce, quella manina che ti stringe forte, quelle richieste insistenti di voler essere preso in braccio per stringerti forte e per sentirti stretto, quel vederti forte e rassicurato tra le mie braccia. Emozioni.

I primi passi incerti e instabili, poi le corse libere e sicure.

Quell’indipendenza guadagnata giorno per giorno con la crescita.

L’esser fiera di quei progressi, emozioni ovvie per una madre che vede crescere il proprio figlio, emozioni fatte di tanto amore, preoccupazione, attenzione e prospettiva di un futuro.

Come è normale, quella manina che cercava la mia, veniva meno e a me non restava che guardarti sempre da più lontano. Emozioni.

La vita non è facile per nessuno, né per te, figlio mio, neanche per tua madre.

Sicuramente abbiamo preso strade diverse e ci siamo persi. Quel perdersi nei contatti, negli sguardi, nelle emozioni. Guardarsi e non riconoscersi.

Sofferenze infinite di una Madre che noi di questa platea conosciamo molto bene e non vorremmo mai più rivivere.

Emozioni non più condivise e condivisibili. Trattenute, nascoste.

I tuoi guai e i miei guai.

Incomprensioni, sotterfugi, bugie. Nient’altro, per tanto tempo, troppo tempo.

Solo l’esserti Madre, credo ci abbia salvato.

Nei momenti più bui, da me sei venuto, dopo esserti tanto nascosto da tua madre. Sei venuto a stringermi la mano a modo tuo, magari raccontandomi un sacco di bugie e mostrandoti il contrario di quello che eri in quel momento, sapendo che non ti avrei fatto sconti e non ti avrei creduto.

Però da me sei venuto, figlio mio. Emozioni.

Ora siamo qui. 

Non mi dilungo oltre. Con l’aiuto, la passione, la capacità e l’esperienza di tutte le splendide figure che compongono L’Imprevisto, oggi vedo te figlio mio, che dritto in piedi dovrai continuare la tua strada, non posso più tenerti in braccio o la mano e neanche penso vorrai la mia costante presenza con te, pur sapendo che il mio cuore di madre è sempre con te e ci sarò quando vorrai, come è sempre stato, e a me non resta che avere la possibilità e la speranza di essere fiera di te, tramite il tuo personale modo essere e le tue azioni a venire. Emozioni.

 

LA LETTERA DEL PAPA’ DI DARIO

Caro Dario,
quanta fatica, in tutto questo tempo, la tua, la nostra, quanti stati d’animo ci hanno attraversato: la disperazione, la tristezza, l’indifferenza, ma un sentimento non mi ha mai abbandonato, la speranza che un giorno ci potesse capitare una nuova opportunità di cambiamento, l’abbiamo cercata, desiderata, voluta tutti insieme e finalmente è arrivata. Questo giorno ci regala un momento speciale, siamo stati in mezzo ad una forte tempesta, ma abbiamo trovato la luce di un faro che con il suo fascio ci ha guidati in acque più sicure, questo faro porta il nome di Imprevisto. Ringrazio di cuore tutti coloro che stanno operando affinché questa luce che arriva lontano continui a brillare: grazie Silvio, grazie Dicio, grazie Valeria, grazie a tutti gli operatori.

Un ringraziamento caloroso anche a tutte le dottoresse del Sert di P.S. Elpidio ,in particolar modo alla dott.ssa Rosita, grazie a tutti gli operatori del centro diurno dove Dario è passato per circa un anno, infine a mio figlio Dario ricordo che, nei momenti più cupi della nostra vita c’è sempre un Faro per ognuno di noi, basta cercarlo che dopo un po’ di tempo lo troveremo.