Due anni dopo il tragico suicidio del ragazzo che diventò noto sui giornali come quello “con i pantaloni rosa”, la procura di Roma chiede l’archiviazione del caso: non fu omofobia a spingerlo alla morte. Ai tempi invece si puntò il dito quasi esclusivamente su questo movente, il Gay Center ad esempio parlò di pesanti prese in giro nei suoi confronti su facebook. Anche la mamma del giovane parlò di bullismo nei confronti del figlio, bullismo subito a scuola per via delle sue tendenze particolari, come appunto il modo di vestirsi con colori rosa. Cose che, disse ai tempi, lei venne a sapere solo dopo la morte del figlio. Lunghe indagini dunque, molte le persone ascoltate dagli inquirenti soprattutto nell’ambito scolastico, in particolare tre docenti e la preside della scuola Cavour finiti sul registro degli indagati dopo essere stati denunciati dalla famiglia del ragazzo. Omessa vigilanza era il reato di cui erano accusati, reato che viene a cadere perché tutti gli indagati non erano a conoscenza di alcun caso di bullismo. L’unico sospetto che rimane è che invece il giovane si sia ucciso per una delusione d’amore nei confronti di una ragazza. 



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