Cosa succederebbe se ogni singolo sindaco decidesse quale bandiera far mettere fuori dal proprio municipio? O decidesse quale personaggio è degno di essere esposto dietro la scrivania del proprio ufficio di sindaco, o di qualunque alto funzionario di Stato, siano essi ministri, prefetti, presidenti di provincia o di regione, rettori di università, ecc.?
Il sindaco della cittadina di Vigonovo, in provincia di Venezia, Damiano Zecchinato, già famoso alle cronache per aver deciso di esporre la bandiera della Padania fuori dal proprio ufficio, ieri ha deciso di togliere la fotografia del presidente della Repubblica che stava dietro la propria scrivania sostituendola con quella più interessante di Papa Francesco che “trasmette più valori”. Meglio il papa di un presidente reo di non fare “una grande figura, perché non è assolutamente super partes”. Del resto, ha continuato, “Se mi vogliono obbligare devono fare una legge su questi simboli: quello è il mio ufficio e decido io chi avere sulla testa”.
Caro Sindaco, lei ha proprio ragione: non c’è alcuna legge che obblighi a esporre nell’ufficio dei sindaci l’immagine del presidente della Repubblica e, quindi, può essere senz’altro tolta o sostituita da un’altra immagine. A questo punto, però, nessuno potrà obiettare se un sindaco decidesse di esporre la foto di un altro capo di Stato (in realtà, tale sarebbe formalmente anche Papa Francesco), o di una pop star, o di un leader straniero, o perché no, di un super eroe, ecc. (e a questo punto, l’elenco potrebbe essere così lungo da sembrare un semplice elenco del telefono).
Ma a ben vedere, il gesto del nostro sindaco deve farci riflettere sul senso dello Stato, o meglio, di Patria, che hanno coloro ricoprono cariche pubbliche di una certa rilevanza, soprattutto di coloro che per ricoprire tali incarichi sono dovuti passare attraverso lo strumento di un’elezione popolare, e così diventare uomini delle istituzioni.
Perché, caro Sindaco, lei non rappresenta più soltanto se stesso e le sue convinzioni: lei ha chiesto e ottenuto un suffragio per essere eletto e, nelle sue funzioni di sindaco rappresenta il suo Comune, e non solo chi lo ha eletto, ma anzi tutti i suoi cittadini. Questo è il motivo per il quale, nelle occasioni ufficiali, le fanno indossare una fascia con il tricolore: nella sua funzione pubblica lei, infatti, rappresenta tutto il popolo italiano, nella fetta territoriale di cui è sindaco. Certo, a differenza del presidente della Repubblica, non può firmare leggi o presiedere il Consiglio superiore della magistratura, o perfino, dichiarare guerra a un altro Paese (sempre su mandato delle Camere).
Eppure, da altri punti di vista, caro Sindaco, la sua funzione è del tutto simile proprio a quella del capo dello Stato: anche lei rappresenta l’unità del Paese, riceve i diplomatici stranieri, ha funzioni di indirizzo politico e determina lo stato civile dei suoi cittadini (sposandoli in Comune).
Ma credo ci sia di più: riferendosi a Papa Francesco, di cui, mi creda, anch’io cerco di seguirne le orme (non i principi, ma tentativamente, Colui al quale anche il Santo Padre guarda), lei ha parlato di valori. Ed è giusto: nel suo magistero, Papa Francesco veicola valori e giudizi che riguardano la vita di ogni giorno; ma questi non sono contrari a quei valori che fanno parte del patrimonio della Patria, cui lei, nella funzione di Sindaco, non può sottrarsi: sono quei principi per i quali tanti nostri avi hanno perso la vita durante l’ultimo conflitto mondiale, e vengono ora testimoniati dai nostri militari nelle tante missioni di pace sparse in tutto il mondo.
Ricordo a lei e a me che tali principi fanno parte di quel patrimonio comune che i padri costituenti hanno voluto inserire a fondamento della nostra carta costituzionale. Mi permetta di darle un consiglio: li rilegga, forse troverà valori che oggi non vengono più perseguiti così tenacemente neanche dai nostri politici più importanti (e il riferimento a quanto sta accadendo in questi giorni non è puramente casuale), ma che dobbiamo difendere, nonostante loro, e perché no, nonostante noi stessi.
Auguri, caro Sindaco.