Tutte le mattine Eduardo De Falco solleva la saracinesca della sua panetteria ed ogni mattina l’oppressione e la fatica aumentano, svanisce l’entusiasmo che metteva all’inizio nel suo lavoro; ripensando all’emozione che aveva provato all’apertura del negozio, ai complimenti degli amici, la trepidazione dei parenti, non può che ammettere che tutte le aspettative sono andate distrutte.
Si era sentito un ingenuo, non era stato capace di valutare i costi come gli aveva detto il commercialista; questo nel suo bell’ufficio con le segretarie, quando calcolava le tasse e gli faceva scivolare sulla scrivania gli F24 da pagare al 16 del mese mentre lui non aveva il coraggio di dirgli che non aveva più soldi sul conto, e aggiungeva pure la sua fattura che era l’ultimo colpo, lo faceva vergognare a tal punto che non gli chiedeva neanche se poteva aspettare ad essere pagato; non voleva altro che andarsene in fretta, anche se qualcosa gli diceva che se lui e gli altri come lui avessero smesso di lavorare il ragioniere non avrebbe potuto più permettersi la sua macchina nuova; così le tasse, era sicuro che se fossero state semplici da capire il commercialista avrebbe approvato? Perché non lo lasciavano semplicemente lavorare? E già così era difficile.
Una specie di senso di persecuzione lo tormentava, una visione della realtà che si distorceva; tutti gli sembravano nemici, tutti volevano approfittare di lui. Aveva cominciato a guardare storto anche gli amici, che non gli credevano quando diceva che era stanco; voi commercianti, fate presto a metter via qualcosa, basta che non fate qualche scontrino… Sempre quel nodo in gola, non crederebbero mai cosa vuol dire restare in negozio e non vedere entrare nessuno, non sanno cosa ti passa per la testa quando continui a fare le somme degli scontrini del pane e delle pizze e ti accorgi che è una via senza uscita, non bastano, non basteranno mai, neanche copriamo la bolletta dell’Enel e le tasse delle insegne; e se finalmente entra qualcuno, devi sorridere e comportarti come se fosse uno dei tanti già entrati, che non noti quanta merce c’è ancora sul banco…
Con un bel sorriso, asciugandosi le mani nello strofinaccio, aveva accolto anche quel tizio, credendo fosse un cliente; ma aveva visto quasi subito la triste ventiquattrore e la giacca da sconosciuto. Infatti gli aveva fatto vedere il tesserino, appoggiata la borsa aperta sul tavolo e tirato fuori un fascio di carte, è incredibile la paura che ti può mettere un fascicolo di fogli intestati, anche quando sei un uomo adulto e hai già tre bambini.
Alla fine non capisci mai cosa ti contestano (ma davvero non posso farmi aiutare da mia moglie, qui è quasi casa nostra), l’importo della multa l’aveva saputo solo al mattino, quando era arrivato il messo comunale e già si era sentito un brivido nella schiena mentre lo salutava continuando a sorridergli, ancora. In paese ci conosciamo tutti, che colpa ne ha lui se mi porta una raccomandata.
Troppo, impossibile questa volta stare zitto e pagare, aveva dovuto chiedere aiuto; e non aveva più potuto resistere quando aveva capito che il suocero, il cognato disoccupato, la sua famiglia l’avrebbero aiutato. Non riusciva a ingoiare quel groppo nero dell’ingiustizia e della sfortuna che lo perseguitava, e gli era sembrato che anche loro ne sarebbero stati travolti.
Nel box si era seduto in macchina, aveva chiuso con il telecomando la serranda, nel buio tiepido e riposante aveva acceso il motore; abbassando lo sguardo si era accorto che aveva ancora i pantaloni e gli zoccoli bianchi della divisa, e le mani infarinate avevano lasciato le impronte sul volante.