Il 4 febbraio, secondo il Calendario dei Santi e Beati della Chiesa Cattolica, si celebra la memoria di San Giuseppe da Leonessa, un paese del Lazio che si trova in provincia di Rieti, dove il Santo in questione è profondamente venerato dalla cittadinanza. Il 4 febbraio è il giorno della sua morte, avvenuta nel 1612. Il vero nome con cui il Santo era stato battezzato era Eufranio, che in greco vuol dire “portatore di gioia”, nacque a Leonessa l’8 gennaio del 1556 e rimase orfano molto presto. Fu lo zio, così, ad occuparsi di lui, portandolo con sé a Spoleto. Fu in questa città che Giuseppe maturò il desiderio di entrare a far parte dell’Ordine francescano dei frati Cappuccini, e a sedici anni prese l’abito. Da subito si racconta che si dedicasse al voto di povertà con grande costanza: infatti si sottoponeva a digiuni e mortificazioni del corpo con regolarità. Era zelante nella meditazione e nella preghiera.? Decise così di partire missionario, e di recarsi nelle terra di Turchia per portare conforto a tutti quei cristiani che erano stati fatti prigionieri durante le lotte crociate per la riconquista del Santo Sepolcro di Cristo. Giuseppe portò inoltre avanti un’opera costante di evangelizzazione anche quando rimase solo con fra Gregorio, perché gli altri confratelli che erano partiti con lui furono uccisi da un’epidemia.?Era il 1587, e Giuseppe aveva 33 anni: quando si recò a predicare nel palazzo del Sultano, questi lo fece imprigionare e torturare, e lui sarebbe stato felice di morire martirizzato per la sua fede. Ma non morì, e riuscì a tornare in Italia dove, anche se minato nel fisico dalle torture subite, non cessò di portare avanti la sua opera di predicazione.?Una delle pratiche che usava maggiormente per l’evangelizzazione della folle era quella detta delle “Quarantore”: per la durata di questo tempo, si alternava un’ora di adorazione a un’ora di predicazione. Alla fine, Giuseppe si caricava sulle spalle una croce e la piantava su una delle colline attigue al paese dove si trovava. Continuò così per oltre ventidue anni, partecipando anche al grande Giubileo del 1600.?La sua ultima predicazione fu nel 1611, a Campotosto, ma era già da tempo colpito da un male terribile che si aggravò nel corso dell’anno. Si trovava a quel tempo nel convento di Amatrice: pochi giorni prima di morire, volle recarsi un’ultima volta nel suo paese natale, Leonessa, per benedirlo e benedirne gli abitanti. Il 2 febbraio fu operato, ma inutilmente, perché di lì a poco, il 4 febbraio, spirò.
Subito dopo la morte, tutti i paesi dei dintorni di Amatrice volevano conservare qualcosa di lui, perché Giuseppe era già in odor di santità: ma fu dichiarato Beato, e poi Santo, solo nel 1746 da Papa Benedetto XIV. Oggi le sue spoglie si trovano nella Basilica di Leonessa, di cui è patrono e non solo, perché nel 1967 Papa Paolo VI ha dichiarato san Giuseppe da Leonessa patrono anche di tutto l’altopiano leonessano. Circa i miracoli da lui compiuti, si racconta che quello che poi servì a concludere il processo di santificazione risalga al 1739, quando la signora Clara Cricchi Dionisi, abitante a Leonessa, depose suo figlio, che aveva chiamato Giuseppe, sull’altare della chiesa dove si trovava il corpo del Santo. Il piccolo era nato senza ossa nella parte inferiore del corpo: ma quando poi la mamma tornò a prenderlo, sentendolo piangere, lo trovò saldamente eretto sulle sue gambe. San Giuseppe da Leonessa è anche patrono delle missioni in Turchia.