Bignardi di sinistro attacca il deputato Di Battista, risponde con un destro il collega onorevole Casalino, risponde con un colpo al petto Adriano Sofri. Di che stiamo parlando? Chiacchiere in diretta mediatica, tv, social e giornali. A nessuno piacciono i grillini, apparentemente, perché poi i sondaggi ci dicono che 10 milioni di italiani li votano. Sono rozzi, non sanno parlare, seguono pedissequamente il capo, anzi il capo e il guru che lo ispira. Fanno di tutto per essere unpolitically correct, si arrampicano su tetti e scavalcano i banchi dei sacri palazzi, ed esagerano, in tutto. 



Se ne rendono conto perfino loro, di esagerare, quando qualche voce si scarta e finge di esprimere un tiepido dissenso. Impeachment per Napolitano, dimissioni per la Boldrini, per Letta, per tutti i  ministri per diversi motivi, chiamata alla piazza, alla rivolta, alla gogna per i giornalisti “servi”, non sanno più che inventare per ottenere visibilità nell’informazione che dicono di odiare, per tentare una sortita e rimanere rilevanti nel panorama politico. Toni troppo alti, insulti evitabili, carognate sessiste comprese. 



Tutto vero, però giova ricordare, e la memoria storica manca, che abbiamo visto in Parlamento, ripresi dalle telecamere, nodi scorsoi, lancio di mortadelle, grida sguaiate e anche in dialetto, botte da orbi a Camera e Senato, anche tra gentildonne, umilianti performances televisive tra urla e bava alla bocca. Manca anche il coraggio, ai cori generalisti, di ricordare che una certa componente politica, tra il centro e la destra degli emicicli, è stata sbeffeggiata con motti, lazzi, e stoccate di ogni sorta, utilizzando la fisiognomica, l’onomastica, i legami familiari, i trascorsi movimentisti giovanili, con toni da stadio e sottili e ancor più perfide stilettate da intellettuali certissimi della loro superiorità morale. 



Per non dire delle offese volgari alle signore, tutte oche o malafemmine, perché prezzolate dal leader dello schieramento avverso. Avranno pur diritto i grillini di sistemare le cose con un po’ di par condicio? No, non ne avrebbero il diritto, in un paese normale, dove il dibattito si svolgesse secondo le regole della democrazia, che prevedono calorose ma rispettose opposizioni volte sempre e comunque al bene comune. 

Ma ipocrita che si indigni chi ha attuato o giustificato o aizzato comportamenti simili in tempi non lontani. Mezzo Parlamento è ancora composto da esponenti della prima Repubblica, i capi partiti e direttivi vari sono formati dai rivoluzionari della Seconda, e alla terza non vogliamo concedere un po’ di ribalta? 

Inoltre, secondo però. La signora Daria Bignardi, ancorché la saccente e spavalda presunzione del Di Battista detto Diba mi urti, non aveva ragione di torcere il cavatappi con compiaciuta e birichina ingenuità, per cavar fuori le pagine nere del suo passato. Un padre fascista, ahinoi, e anche fuori tempo massimo. Ovvio che non sei più credibile, qualsiasi cosa tu dica. Sgradevolissimo replica il compare M5S Casalino, che ce l’aveva con la Bignardi fin dai tempi in cui ce l’aveva sardonica presentatrice del Grande Fratello, quand’era lui nella “casa”. Sgradevolissimo, ma almeno di una cattiveria dichiarata, palese: a guardar troppo nel passato altrui, si rischia di scoperchiare il proprio. E benché per molti il processo ad Adriano Sofri, suo suocero, sia ancora una vergogna della giustizia italiana, con i suoi non detti, e forse i suoi errori, una sentenza di condanna resta una sentenza di condanna, o la magistratura non si tocca solo per alcuni, mentre in altri casi si può dire che sbaglia? Non sgradevole, invece, ma garbata e umanamente rilevante, la nota scritta dal suocero chiamato impropriamente in causa, Adriano Sofri, che ieri sul Foglio si è difeso con stile dichiarando che lui solo questo sa, che essere il suocero della moglie “del figlio di un assassino”, è bello.

In tutto questo guazzabuglio di esternazioni, la peggiore è stata quella del Premier in carica, che se ne stava a trattare con gli Emiri per salvare Alitalia, ma non ha perso l’occasione per sperticarsi a favore di una sua amica, appunto la conduttrice de La7, stigmatizzando la barbarie eccetera eccetera. Lui è uno di quelli che dovrebbe ricordare la storia passata, e anche gli insulti più recenti dei suoi compagni di partito, e soprattutto evitare moralismo di regime. In genere i giornalisti fanno il loro mestiere, sanno cavarsela da soli, e non è necessario che intervengano a loro difesa i presidenti del Consiglio. A meno che non decidano, da ora, di farlo sempre e con tutti, e non sarebbe cosa buona e giusta. Si sa, vale per tutti: a parlare molto, a telecamere unite, si riesce perfino a far creder che si stia facendo qualcosa.