Nel nutrito elenco di santi e beati che vengono onorati dalla Chiesa cattolica il 6 febbraio, spicca in modo particolare la figura di San Guarino di Palestrina. Nato nel 1080, all’interno di una famiglia di nobili, Guarino discendeva per parte materna dai Foscari, altra famiglia molto in vista nella città petroniana. La sua preparazione fu perciò di alto livello, con un occhio particolare alla letteratura. Il suo carattere riflessivo si sposò ben presto all’estrema riservatezza tipica di chi aveva ricevuto un’educazione rigorosa. Ben presto, il giovane Guarino iniziò a manifestare una tendenza alla preghiera che però incontrò inizialmente la decisa opposizione familiare. Quando i genitori si convinsero a non ostacolare le sue inclinazioni venne ordinato in qualità di sacerdote, per poi diventare Canonico della Cattedrale di Bologna. Un’evoluzione che lo portò del tutto naturalmente, a soli ventiquattro anni, a seguire la Regola di Sant’Agostino. Un cammino culminato poi nella trasformazione in Canonico Regolare Lateranense, avvenuta all’interno del convento di S. Croce in Mortara. Nel periodo che precedette il suo addio alla città in cui era nato, Guarino decise di destinare i propri beni affinché fossero usati per la costruzione di un ospedale. La sua vita all’interno della nuova comunità che lo aveva adottato, si distinse ben presto per la totale obbedienza, oltre che per la sapienza dottrinaria immagazzinata grazie alle sue abbondanti letture. Inoltre, la sua regola di vita si conformò a una grande austerità, tale da suscitare estrema ammirazione in seno al clero e alla popolazione. Tratti cui si aggiunse la bontà d’animo, che era un’altra delle caratteristiche che lo fecero amare moltissimo da tutti coloro che vennero in contatto con lui.  Nel corso dell’anno 1139, venne quindi designato,alla cattedra vescovile di Pavia, soprattutto su impulso della popolazione locale, che aveva imparato ad amarne le grandi doti personali. Doti cui si aggiungeva l’umiltà, la quale lo spinse a scongiurare ripetutamente di non essere costretto a ricoprire una funzione per la quale si sentiva indegno, fino addirittura a cercare di scappare dalla finestra della sua cella, per poi nascondersi, in modo da costringere alla scelta di un’altro prelato al suo posto.



Nel 1144, però, fu nuovamente nominato vescovo da Papa Lucio II, stavolta di Palestrina (nuovo nome dell’antica Preneste). Va ricordato che il pontefice era anche lui bolognese e appartenente a una famiglia, i Caccianemici, imparentata ai Guarini, circostanza che gli aveva permesso di conoscere in profondità le grandi doti di Guarino. Stavolta fu costretto ad accettare la sua destinazione, cui si accompagnò il conferimento del titolo cardinalizio. Prima di lasciare Mortara, decise però di assicurare una lauta rendita all’ospedale da lui fondato in precedenza a Bologna, il quale era situato nei pressi della chiesa di San Lorenzo dei Guarini. Destinazione che fu poi mutata con quella vicino a Santa Maria dei Guarini, che nel corso del quattordicesimo secolo avrebbe cambiato il nome assumendo quello di San Giobbe. Ricoprì la nuova carica per tredici anni, i quali furono anch’essi distinti dall’austerità e dalla generosità già dimostrati in precedenza. Le risorse a lui destinate nella nuova carica e i doni del papa, furono infatti destinati al sostegno degli indigenti.



Anche in questo caso, Guarino fu dilaniato da enormi dubbi sulle sue effettive capacità, tanto da decidere per ben due volte di allontanarsi dalla sua sede. La prima volta si rifugiò a Subiaco e nella seconda ad Ostia, dove però trovò i saraceni, circostanza che lo costrinse a riparare a Roma, presso Papa Anastasio IV. In qualità di cardinale ebbe occasione di partecipare a ben tre conclavi, conclusi con l’elezione prima di Eugenio III, poi di Anastasio IV e infine di Adriano IV. Anni resi travagliati dalle lunghe lotte politiche sorte all’interno dell’istituzione ecclesiastica, da cui volle sempre tenersi fuori. Morì a settantotto anni, il 6 febbraio del 1158, dopo aver provveduto a convocare i sottoposti al suo capezzale ed averli esortati ad amarsi a vicenda. Una morte che colpì profondamente la popolazione che aveva imparato anche in questo caso a stimarne enormemente le doti umane. Le sue spoglie, furono deposte all’interno di una cripta situata nella Cattedrale di Sant’Agapito. Nel 1159, ad appena un anno dalla sua scomparsa, Papa Alessandro III ne decretò il culto, anche per rispondere ai voleri della popolazione. Nel corso del 1437, i suoi resti furono traslati in un posto segreto, in modo di impedirne la profanazione durante un saccheggio. Da allora non furono più rinvenuti, anche se alcune fonti avanzano l’ipotesi che siano state portate dal cardinale Giovanni Vitelleschi a Cometo, in Maremma-

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