Il testo dell’intervista alla Razon è stato tradotto e pubblicato dall’Osservatore Romano in edicola a Roma da oggi pomeriggio. 

«Lei mi fa rivivere tante emozioni e anche tantissimi ricordi molto profondi: erano momenti particolari, che sicuramente rimarranno nella Storia. Un Papa che lascia il suo pontificato… Dal 28 febbraio, il giorno ultimo del pontificato di Papa Benedetto, quando abbiamo lasciato per sempre il Palazzo apostolico, fino al 15 marzo, quindi fino a due giorni dopo l’elezione del nuovo Papa, io sono rimasto con il Papa emerito a Castel Gandolfo per tenergli compagnia e anche per aiutarlo nel suo lavoro di segreteria. Il momento del distacco da Papa Benedetto per me è stato un momento molto struggente, perché ho avuto la fortuna di vivere per cinque anni e mezzo con lui e lasciarlo, distaccarmi da lui è stato un momento molto difficile. Le cose erano precipitate, io non sapevo che proprio in quel giorno avrei dovuto fare le valigie e lasciare Castel Gandolfo e anche lasciare Papa Benedetto. Ma dal Vaticano mi chiedevano di fare in fretta, fare le valigie e andare a Casa Santa Marta perché Papa Francesco stava persino aprendo lui la posta, da solo: non aveva un segretario che lo aiutasse. In quella mattinata sono passato più volte in cappella per avere lume, perché mi sentivo anche un po’ confuso. Però ero certo, avevo la netta sensazione che io fossi guidato dall’Alto e mi rendevo conto che stava succedendo qualcosa di straordinario, anche per la mia vita. Sono poi entrato nello studio di Papa Benedetto piangendo e, con un nodo alla gola, ho cercato di dirgli quanto ero triste e quanto fosse difficile il mio distacco da lui. L’ho ringraziato per la sua benevola paternità. Gli ho rassicurato che tutte le esperienze vissute nel Palazzo apostolico con lui mi hanno tanto aiutato a guardare meglio “alle cose di lassù”. Poi mi sono inginocchiato per baciargli l’anello, che non era più quello del Pescatore, e lui, con sguardo di paternità, di tenerezza, come sa fare lui, si è alzato in piedi e mi ha benedetto».



Che ricordo ha del suo primo incontro con Papa Francesco?

Mi ha fatto entrare nel suo studio, mi ha accolto con la sua ormai nota cordialità, e devo dire che mi ha fatto anche uno scherzo, uno scherzo ? se così posso dire ? da Papa! Aveva una lettera in mano e con tono serio mi disse: «Ah, ma qui abbiamo dei problemi, qualcuno non ha parlato molto bene di te!». Io ammutolii, ma poi capii che si riferiva alla lettera che Papa Benedetto gli aveva inviato per informarlo che lui mi aveva lasciato libero e che poteva chiamarmi al suo servizio. In questa lettera Papa Benedetto aveva avuto la bontà di elencare alcuni miei pregi. Poi Papa Francesco mi ha invitato a sedermi sul divano e lui accanto a me, su una sedia. Mi ha chiesto ? con molta fraternità ? di aiutarlo nel suo gravoso compito. Infine ha voluto sapere qual è il mio rapporto con i superiori e con altre persone di certa responsabilità. Gli ho risposto che ho un buon rapporto con tutti, almeno per quanto mi riguarda.

Cosa la colpisce della personalità di Papa Francesco, avendo il privilegio di vivere ogni giorno accanto a lui?

La sua determinazione. Una convinzione che sono sicuro che gli viene dall’Alto, perché è uomo profondamente spirituale che cerca nella preghiera l’ispirazione da Dio. Per esempio, la visita a Lampedusa lui l’ha decisa perché dopo alcune volte che è entrato in cappella, gli è venuta in continuazione questa idea: andare di persona a incontrare queste persone, questi naufraghi, e piangere sui morti. E quando lui ha capito che gli venivano in mente più volte, allora è stato sicuro che Dio la voleva. L’ha fatta, anche se non c’era molto tempo per prepararla. Lo stesso metodo lui lo usa per la scelta delle persone che chiama a collaborare con lui da vicino.

Cosa invece la colpisce guardando al pastore Francesco, alla sua dimensione pubblica, a come in fondo esercita il ministero petrino?

Qualcun altro mi ha fatto una domanda simile, e rispondo dicendo che mi viene in mente spontaneamente la figura del missionario. Quel classico missionario che parte, va tra gli indigeni per far conoscere loro il Vangelo, Gesù Cristo… Ecco, io vedo in Francesco il missionario che sta chiamando a sé la folla, quella folla che magari si sente smarrita, con l’intento di riportarla al cuore del Vangelo. È diventato ? per così dire ? il parroco del mondo e sta incoraggiando quanti si sentono lontani dalla Chiesa a ritornare con la certezza che troveranno il loro posto nella Chiesa. Lui vede nel clericalismo e nella casistica dei forti ostacoli affinché tutti si possano sentire amati dalla Chiesa, accompagnati da essa. Invece, parroci e sacerdoti ci dicono quasi quotidianamente quante persone sono tornate alla confessione e alla pratica della fede per l’incoraggiamento di Papa Francesco, specialmente quando ci ricorda che Dio non si stanca mai di perdonarci. Lui, come avete visto, ha un’attenzione speciale per i malati, e questo perché lui vede in loro il corpo di Cristo sofferente. E dimentica completamente i suoi malanni. Per esempio, nei primi mesi del suo Pontificato aveva un forte dolore a causa della sciatica che si era ripresentata. I medici gli avevano consigliato di evitare di abbassarsi ma lui, trovandosi davanti a malati in carrozzella o a bambini infermi nei loro passeggini si china su di loro comunque e fa sentire la sua vicinanza. Così pure, per esempio, è successo durante la celebrazione eucaristica a Casal del Marmo la sera del giovedì santo durante la lavanda dei piedi. Nonostante senz’altro il dolore che avrà sentito, si è inginocchiato davanti a ciascuno dei dodici giovani detenuti per baciar loro i piedi.

 

Papa Francesco sembra instancabile, a guardarlo negli incontri, nelle udienze… Come vive la sua quotidianità anche di lavoro, a Casa Santa Marta?

Mi creda, non perde un solo minuto! Lavora instancabilmente. E quando sente il bisogno di prendere un momento di pausa, non è che chiude gli occhi e non fa niente: si mette seduto e prega il rosario. Penso che almeno tre rosari al giorno, li prega. E mi ha detto: «Questo mi aiuta a rilassarmi». Poi riprende, riprende il lavoro. Riceve una persona dopo l’altra: il personale della portineria di Santa Marta ne è testimone. Ascolta con attenzione e ricorda con straordinaria capacità quanto sente e quanto vede. Si dedica alla meditazione presto, la mattina, preparando anche l’omelia della messa a Santa Marta. Poi, scrive lettere, fa telefonate, saluta il personale che incontra e si informa sulle loro famiglie.

 

Uno dei doni più belli di questo primo anno di pontificato sono senz’altro gli incontri tra Papa Francesco e Papa Benedetto. Lei, che è come un anello di congiunzione tra loro, cosa può dirci di questo “rapporto fraterno”?

In una recente intervista, Papa Francesco ha rivelato questo: che lui lo consulta, chiede di sapere il suo punto di vista. Sarebbe una grande perdita non attingere a questa grande fonte di saggezza e di esperienza! Infatti, da subito l’ha chiamato: è come avere il nonno in casa è, come dire, avere il saggio dentro casa. Ecco, da subito Papa Francesco ha visto questa presenza come un dono inestimabile, simile a quel vescovo saggio appena eletto che trova un sapiente sostegno nel suo vescovo emerito. È significativo ? per esempio ? il fatto che abbia voluto inginocchiarsi nella cappella a Castel Gandolfo non sul suo inginocchiatoio, ma accanto a Papa Benedetto. E poi, ha voluto la sua presenza nell’inaugurazione della statua di San Michele Arcangelo qui, nei giardini vaticani… e l’ha convinto a partecipare al concistoro che c’è stato per i nuovi cardinali. È una presenza che arricchisce il pontificato di Papa Francesco.

 

Da ultimo, cosa le sta dando personalmente questo servizio al Papa Francesco, dopo aver servito da vicino Benedetto XVI e, ricordiamolo, anche Giovanni Paolo II?

Mi rendo conto che il Signore mi sta conducendo per vie veramente misteriose. Non avrei mai immaginato di poter compiere questo tipo di servizio. Ma Dio è così. Altrimenti siamo noi i programmatori della nostra via di santità. Io trovo un grande aiuto nella luminosa testimonianza di affidamento a Dio che ho avuto la grazia di cogliere di persona da Papa Giovanni Paolo II, dal Papa emerito, Benedetto, il quale ? è diventato un modo per sorridere ? ogni volta che si trovava davanti a una situazione difficile amava incoraggiarci dicendo: «Il Signore ci aiuterà». Ecco, ovviamente il sostegno sia umano che spirituale nella preghiera, che so che fa anche per me Papa Francesco, mi è di grande conforto.

(Tratto da L’Osservatore Romano di lunedì-martedì 10-11 marzo 2014, pagina 5; autore Alessandro Gisotti)