Noi avevamo fatto “all’italiana”. Con sacrifici, l’aiuto di amici, ma soprattutto della Provvidenza, alle spese di college dei nostri tre figli abbiamo pensato noi. In qualche modo ce l’abbiamo fatta. Il secondo mutuo sulla casa resta a documentare fatti realmente accaduti. Quando poi la seconda figlia ha optato per la Medical School (altri 4 anni dopo la laurea universitaria) siamo passati allo stile americano, anche perché il terzo mutuo sulla casa non ce l’avrebbe dato nessuno. Qual è lo stile americano? Che i ragazzi, non le famiglie, si fanno carico delle spese universitarie. Tasse di iscrizione, vitto, alloggio e quant’altro. Guardate che le tasse di iscrizione (“tuition“) sono spaventosamente alte – si va dagli 8/9mila dollari dei city colleges ai 60mila ed oltre dei più prestigiosi. Ad un italiano farebbe comprensibilmente paura, ma qua è sempre stato così, anche perché il tempo del college (quel che da noi chiamiamo “università”) è il tempo del “passaggio”, del distacco dalla famiglia, dell’inizio di una vita veramente indipendente. E la vita indipendente comincia con un’assunzione di rischio: io, studente, scommetto sul mio futuro indebitandomi nel presente.



Una cosa che mi ha sempre colpito è che non si capisce bene se siano più i ragazzi a volersene andare o i genitori a volersi liberare dei figli. Non scherzo mica! Del resto tutti qua son cresciuti così, e tutti sanno che finita la high school si parte. “Dove”, in quale università, certamente importa. Si può scegliere per tradizione di famiglia, perché si hanno le carte in regola per puntare in alto, oppure si va dove si riesce a raggranellare qualche borsa di studio (per meriti vari, compresi quelli sportivi). Ma l’importante è che si vada via di casa, lontano. Come una volta succedeva anche in Italia quando si doveva partire per le armi lasciando il paesello da cui non ci si era mai allontanati per finire chissà dove. 



Qualche aiuto dalla famiglia lo si riceve, ma sostanzialmente il giovane americano fa fronte alle spese scolastiche a suon di prestiti e lavoro. I prestiti sono prestiti d’onore, tassi agevolati ed impegno a cominciare a ripagare una volta terminato il corso di studi. E nel frattempo si lavora. Tutti lavorano! C’è chi ha un lavoro stabile (e magari poi fa fatica a studiare), c’è chi si barcamena con occupazioni occasionali. Tutti – assolutamente tutti! – lavorano d’estate. 

Rachel Canning la pensa diversamente. Questa giovane diciottenne del New Jersey ha portato i genitori in tribunale chiedendo al giudice che siano loro, i genitori, a sobbarcarsi le spese dei suoi studi. Sono ricchi – dice Rachel – perché mai dovrebbe indebitarsi lei quando i suoi possono permettersi tranquillamente di pagare?



Per il momento il giudice ha respinto l’istanza facendo presente che se si dovesse seguire un’andazzo del genere si troverebbe ben presto a dover deliberare in merito a controversie familari relative all’acquisto di XBox e videogames … 

Purtroppo temo che il buon senso del giudice verrà presto messo a dura prova perché sono sicuro che di episodi analoghi ne verranno fuori.

Ci sono molti aspetti preoccupanti in quel che è successo, segnali di quello che mi pare essere il cuore confuso dell’America. Una figlia che porta in tribunale i genitori per soldi non è una bella cosa… Non hanno vissuto insieme fino ad oggi? Una “bella famiglia americana” (cosi la definiscono le notizie di agenzia) non è riuscita a trovare un modo migliore per affrontare una questione cosi centrale nella dinamica di sviluppo di qualsiasi casa? Chiunque vinca, qui han già perso tutti. 

Ma c’è un altro aspetto a cui mi limito solo a far cenno. Un fenomeno che sto osservando da un po’, un “trend” che sembra trovare sempre piu’ spazio nello stile di vita, nel modo di concepirsi dei giovani, sulla stessa linea di quello che vado scrivendo di questi tempi: voglio essere completamente autonomo, determinare il mio destino. Ma in questo “sforzo di indipendenza”, senza neanche rendermene conto, dipendo. In questo caso dai soldi dei genitori. 

Rachel e famiglia sembrano proprio “l’adolescente America” che ha smarrito la vecchia via e fa fatica a trovarne una nuova.   

Ma questo non è un problema che una Corte di Giustizia può risolvere.