Suor Cristina spacca in tv, la Bibbia su Rete 4 fa il botto di ascolti, per non dire di don Matteo, della bella saga familiare a firma di Pupi Avati. E poi, il papa: che preghi, parli, si muova, il papa blocca i telecomandi, costringe a fermarsi su di lui, ad ascoltare. Contemporaeamente, la tv italiana registra il calo consistente di trasmissioni consolidate, vedi Servizio Pubblico, o di talk storici come il Grande Fratello. 



I massmediologi ci diranno che non si possono confondere broccoli e banane, prodotti diversi, che bisogna analizzare i flussi, l’aumento dell’età media nazionale, e poi l’allargarsi delle piattaforme, la molteplicità e varietà di offerta… e i giovani, questi benedetti giovani che la tv proprio non la reggono. Dipende, perché Braccialetti Rossi con tutto il surplus di lacrime e l’aria fiabesca, che stona con la drammaticità della malattia, della vita in ospedale, è stata un successo proprio tra gli adolescenti. Chissà, forse perché parlava di loro, dei loro sogni, dolori, ansie. Forse perché non ne dava la solita immagine di sballoni disperati, cinici, fatti dalle droghe e col grilletto facile. Forse perché ha rispolverato parole come amore, amicizia: per decenni ci hanno intimato di accantonarle, bollando come retorica ogni cedimento. Poi ti arriva un signore anziano, che racconta la storia di un matrimonio che dura da cinquant’anni, e guarda un po’, la gente guarda, e si commuove, prova perfino una sana invidia, i più giovani pensano anche che valga la pena, un’unione tanto lunga e profonda da sostenere la vita. 



E la Bibbia, poi. Che siano stati gli americani ad avere il coraggio di mettere in scena il Libro dei Libri, che sta alle radici della storia di mezzo mondo; che abbiano osato raccontarla in modo semplice, popolare, senza preoccuparsi di appiccicarci facce famose, senza sottilizzare sulle traduzioni o le interpretazioni. Tagliando anche in modo un po’ grossolano, tre secoli qui, due secoli là, ma facendoceli vedere in faccia, quei profeti antichi che fanno capolino nel torpore da prime letture liturgiche, di cui confondiamo le parentele, altro che ricordarne il piglio, le parole. Quegli eroi universali ed eterni, come e più di Achille ed Ulisse, che occhieggiano dai capitelli delle cattedrali, dalle tele nei musei del mondo intero, come non riconoscerli, non appassionarsi alle loro avventure mirabili e al cardiopalma. L’arme, gli amori, i cavalieri, il peccato e la rinascita, l’uomo  (sì, ma che rozzezza, che superficialità, che mancanza di profondità storica, etc.). 



Così com’è  fastidiosamente nazional popolare questo pretino che ricanta padre Brown in salsa pummarola, che è il detective ma spalanca le porte agli ultimi, sa perdonare perfino i cattivi, gioca coi ragazzini, si comporta un po’ come il papa. Qualcuno, più anziano, va con nostalgia a Guareschi. 

Quando la tv sa parlare alla gente, tirar fuori sorrisi, qualche lacrima, di-vertere dalla pesantezza e dalla stanca ripetizione del solito refrain: rissa, sesso, satira. La gente che ha voglia di cose buone, di parole che come un balsamo diano conforto, di personaggi in cui immedesimarsi, chè di orrore intorno ne ha già abbastanza. La gente che caparbiamente, nonostante la solitudine, la distrazione, la pervicace ostilità della società e del potere non può strapparsi di dosso quell’appartenenza di sangue al popolo cristiano, alla sua idea di uomo. Calpestandola mille e mille volte, scordandosene, per pigrizia o malvagità. Però rimane, come un lumicino fievole e persistente. Che può balenare, per un attimo, quando Mosè spalanca le braccia a Dio, quando don Matteo si inginocchia in chiesa, quando due ragazzi ammalati si danno la mano, per aiutarsi a camminare, anche con una gamba sola. 

La tv è vecchia, più vuol essere rivoluzionaria e nuova più è datata: perché si è rivolta a chi la faceva, non a chi la guardava, considerato troppo ignorante o inetto. La tv è un mezzo formidabile per informare, per far compagnia. Fa compagnia anche una ragazza di 25 anni vestita da suora, la sua spensierata letizia, la sua innocente ribalta, per dire a tutti, col suo essere lì, che è stata afferrata da un Altro, di cui non ha vergogna, per cui è pronta a tutto.

Sì, ci ha messi a disagio, qualche pensiero snob ci è venuto. Ma non dobbiamo avere paura di chi parla al cuore, e che i cuori rispondano. I record sulla rete della sua performance canora dimostrano che qualche cuore ha vibrato. Vogliamo una tv che racconti la verità, con i tg, i documentari. Vogliamo una tv che racconti storie, di uomini e donne possibili, reali. Una tv che riracconti i miti, gli eroi, le favole, con le domande di ogni uomo, in ogni tempo. Quella dei grandi sceneggiati che hanno fatto l’onore della Rai, quella delle trasmissioni che ci hanno insegnato ad essere un popolo. Quella che dà voce a chi rappresenta la voce di tutti, dal pulpito più in vista della terra, senza ridurlo a leader di una lobby, a capo di stato, a dispensatore di regole, a guru di una filosofia. La gente vorrebbe un po’ di bello e di buono. È così strano?