E poi dicono l’Europa. Dove abbiamo sbagliato, cos’abbiamo buttato di bello e buono e giusto nella concezione dell’uomo, per vederci sempre più asfittici, vecchi, delusi, cinici e fiacchi?  Autoreferenziali e isolati, immemori di radici accantonate con supponenza, e alla rincorsa di un futuro dai contorni sfumati, ché sull’euro si costruisce ben poco. Il futuro sono i giovani, i bambini, e l’Europa di bambini ne vuole sempre meno, a stento riconosce la ricchezza donatale dagli immigrati. Ci si comincia ad accorgere che questo è un problema, innanzitutto per le casse degli stati: non c’è la lungimiranza e il respiro di capire che mancherà dell’altro oltre alle pensioni per sistemare popolazioni sempre più anziane. Nel vecchio continente tutto si monetizza, anche i diritti, e i più importanti come quello alla salute e quello alla vita. Costa troppo curare ad libitum certi ammalati. Eutanasia. Costa troppo star dietro ai bimbi che nascono prematuri. Poniamo un limite ante quem. 



Però, dopo averci intontito per decenni con il mito calvinista dell’efficienza, con la presunta liberazione femminile da vincoli anacronistici, tipo quello familiare, cioè procreativo, fatti due conti, ci si accorge che di bambini ne servono di nuovo un bel po’. O il sistema rischia di implodere, e allora altro che spalancare le porte a africani e asiatici. Come in Cina, insomma, si torna a sperare che i cittadini facciano figli. Dopo la demolizione delle famiglie, tocca affidarsi a coppie e coppiette, e in Danimarca hanno elaborato una strategia innovativa e a suo modo geniale. 



Le agenzie di viaggi premiano morosi e amori transitori che, consumati in vacanza, portino alla nascita di un pargoletto. Ci si riposa, in ferie, si allentano le tensioni, sale il tasso di fertilità, magari ci si annoia pure, si fanno nuovi incontri,  si creano occasioni romantiche quanto a sistemazione e paesaggi. Bene, non svenatevi in un cocktail bar fino all’alba, trovate il tempo per un po’ di sesso. Se concepite proprio in quei giorni, fatecelo sapere, e riceverete un premio considerevole in prodotti per neonati, vacanze gratuite per la costituenda famigliola. 

Una proposta allettante, e perfino da considerare, con la crisi che corre. Peccato il modo in cui viene spiegata, in dettaglio. Tocca iscriversi inserendo il giorno dell’ultimo ciclo mestruale, tanto per essere sicuri che i giorni prescelti per la vacanza siano quelli giusti. Poi al ritorno a casa l’agenzia vi invia un test di gravidanza. Non vi basterà fotografare la striscetta rosa che indica “positivo”. Dovrete rispedire a mittente il test con allegata la cartella clinica che certifica l’inizio della gravidanza, per garantirvi l’accesso al concorsone coi premi più ghiotti. Facile. 



Come mettere in piazza il proprio ciclo mestruale, la propria vita sessuale, compresi rischi di infertilità e impotenza: è vero che l’agenzia non ti chiede con chi avverrà il concepimento, come recita il buon vecchio proverbio, “mater semper certa, pater incertus est”. Premunirsi validi amici pronti al bisogno, nel caso il compagno manchi o decida all’ultimo che la hostess o la vicina di camera sono più appetibili. 

Sarebbe interessante capire il parere del ministero del turismo danese, per vedere se c’è uno zampino istituzionale. Perché sarebbe ben più semplice, rispettoso e appagante considerare qualche sussidio in più alle famiglie, ad esempio. Se invece si tratta soltanto di una trovata pubblicitaria, pur indicando un cambio di tendenza, dubito che qualche pacco di pannolini o un passeggino nuovo di zecca bastino a far tornare coraggio e volontà. C’è perfino qualcuno che continua a pensare, ostinatamente, contro ogni buon senso e necessaria pianificazione, che un figlio nasce da un atto d’amore, responsabile, ma soprattutto libero da vincoli e premi. E che nemmeno in tempi di compravendita del proprio corpo o di parti di esso, accetterebbe di farsi dettare tempi e modi da chicchessia.