Nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1997 un commando armato di otto persone della Veneta Serenissima Armata, a pochi giorni dal bicentenario della caduta della Repubblica di Venezia, occuparono il campanile di San Marco (issando la bandiera con il leone di San Marco, simbolo della Serenissima) per rivendicare l’indipendenza del Veneto dall’Italia. La dimostrazione fu stroncata al mattino dalle teste di cuoio che, con un blitz incruento, arrestarono tutti i membri del gruppo. Tra loro c’era Flavio Contin: alla luce del referendum secessionista promosso in Veneto lo abbiamo contattato per ripercorrere le istanze alla base del loro gesto e parlare di quella voglia indipendentista che, nella sua terra, ha radici profonde.
17 anni fa conquistava il campanile di San Marco in nome dell’indipendenza del Veneto. Cosa l’ha animata?
Partiamo dal presupposto che – a differenza di quanto hanno scritto i giornali, che hanno cercato di ridicolizzarci – la nostra non fu un’azione improvvisata e raffazzonata, bensì ben calcolata e preparata. Lo dimostra il fatto che lo Stato italiano impegnò sul campo le teste di cuoio, che ci presero dopo otto-nove ore. Fatto sta che per quelle ore la Serenissima rinacque. Noi non occupammo Piazza San Marco, no: noi liberammo Piazza San Marco per rimarcare il diritto all’indipendenza, non all’autonomismo. Il nostro fu un fatto irripetibile. Sono sì passati 17 anni, ma lo spirito è sempre quello.
Ora rinnega la lotta armata?
Chiariamolo subito: la nostra non fu una lotta armata, bensì un’azione determinata e determinante.
Oggi irripetibile, dice. Perché?
Erano tempi diversi, con un clima molto più in fermento: la Lega Nord – con la quale non avevamo nulla a che fare, sia chiaro – premeva per il riconoscimento della Padania. Oggi le cose non sono più così: la Lega, a furia di pissare fora del bocae, è finita. Ma da noi non si placa la voglia di indipendenza: noi veneti abbiamo uno spirito diverso rispetto alla Lombardia e al Piemonte. Il sentimento, in virtù anche della nostra eredità storica, è forte.
Ed ecco il referendum online per chiedere la secessione dall’Italia. Non se ne sta parlando tantissimo…
Qui se ne parla eccome. Chi ha partecipato (moltissimi) sa bene che non si tratta di qualcosa di determinante: è, in sostanza, un sondaggio. Certo, è servito per far crescere nella coscienza dei veneti il senso di appartenenza al territorio, alla loro patria. Quindi è sicuramente un buon viatico per tener vivo e alimentare lo spirito indipendentista.
La vostra voglia di indipendenza è storicamente ben radicata, ma per il momento è sempre caduta nel vuoto…
Io non ho la sfera di cristallo, ma vedo una crescita costante (seppur lenta) nella popolazione veneta, a partire da quel maggio del ’97. Penso che i presupposti non manchino…
Valicando i confini nazionali, in Europa non manca la spinta disgregativa e diverse sono le istanze separatiste: Crimea, Catalogna, Scozia…
È stato un tema molto cavalcato dai promotori del referendum che si è appena tenuto; ma per quanto riguarda gli altri movimenti europei, noi Serenissimi non ci facciamo caso, anche se condividiamo valori simili. Certo è che l’Europa del futuro deve essere un’Europa dei popoli e non degli Stati, che è fallita. Comunque, noi abbiamo la nostra storia, non dobbiamo imparare niente da nessuno. Poi è diverso: rispetto alle altre realtà come Catalogna, Scozia e Paesi Baschi, che hanno già dei margini di autonomia, il Veneto non ne ha alcuna. Lo Stato italiano – ancora di stampo giacobino-massonico, centralista e di derivazione napoleonica – è indietro mille anni luce rispetto a un Paese come la Germania. In termini di federalismo siamo ancora all’età della pietra. Poi…
Prego.
Nei primissimi anni Ottanta, quando la Lega Nord non era ancora nata, noi della Liga Veneta chiedevamo lo statuto speciale come il Südtirol, la Sardegna, la Sicilia e il Friuli. Poi, visto che lo Stato non ha risposto alle nostre richieste, si è alzato il prezzo e il tiro. Ora pretendiamo l’indipendenza: siamo una regione storica dell’Europa. La Repubblica Veneta è esistita per più di mille anni e nel 1861 ci hanno imposto di essere italiani. E quando dico italiani parlo dal punto di vista politico, non storico-etnico. Noi siamo contro la forma dello Stato italiano, non contro gli italiani. Chiediamo che lo Stato italiano se ne vada fuori dalle scatole: non ne abbiamo bisogno. Risorgeremo da soli.
Insomma, lo spirito dei Serenissimi è vivo quanto mai…
Io la farei anche domani un’azione come quella di 17 anni fa…lo spirito è sempre quello, anzi si è rafforzato.
(Fabio Franchini)