“E dimmi, com’è finita?”.
“Assolto” proclamo secca “Ti rendi conto? Questo tizio è stato assolto dall’accusa di avere incoraggiato al suicidio diverse persone. Nel senso che lui le ha veramente incentivate a togliersi la vita, ma per la Corte americana che lo ha giudicato, la sollecitazione rientrava del suo diritto di espressione. Detto fatto: i difensori si sono aggrappati al primo emendamento, come al bordo del cornicione e così han dimostrato che vietare un incoraggiamento sarebbe anticostituzionale. Insomma, promuovere attivamente il suicidio e diventato qualcosa di legittimo” sospiro, chiudo il giornale e verso l’ultimo goccio di minerale nel bicchiere della Franci.
“Eh” commenta lei “quando c’è di mezzo la Costituzione, l’America non scherza…!”.
“Secondo me” proseguo io “qui bisognerebbe pensare anche alla costituzione degli individui che seguono certi suggerimenti. Non tutti ce l’hanno sana e robusta – come quella dei certificati per iscriversi al corso-judo-agonistico. E poi ci sono consigli e consigli. E’ come se tu adesso rientrassi dalla pausa pranzo e incoraggiassi il tuo nuovo collega – quello che abbiamo visto prima sfrecciar via sull’Audi TT – a portarti fuori a cena. Poi vai a casa e incentivi tuo marito a lasciare il lavoro, sul quale ultimamente fa una certa fatica. E mentre firmi il terzo cinque in matematica di tuo figlio, lo sostieni nella sua corsa verso la bocciatura, magari solo perchè non ne puoi più dei richiami del preside… Dimmi tu ora se questa è civiltà”.
La Fra chiede il conto e – davanti all’immagine del suo Ciccio, improvvisamente disoccupato, cornuto e in più costretto a vendere giornali al semaforo per pagare ripetizioni al figlio – ritratta un attimo.
“Eh, ma questi sono casi estremi. In genere le persone danno altri tipi di consigli…”.
“Certo, le bocche della gente traboccano di suggerimenti: come cucinare un tiramisù senza avvelenarsi di colesterolo; in che modo levare una macchia d’unto dall’abito di capodanno senza farsi svenare dalla tintoria; a quale tipo di bottiglia tirare il collo se si serve un antipasto di pesce… Tutto molto utile per ottimizzare tempo e risorse. Per confrontarsi su questo livello, sembra che gli individui abbiano tempo da vendere. Ma poi, quante sono oggi le persone che sono davvero disposte ad ascoltarsi sui temi che stanno più a cuore? Va a finire che quando decidono di mettersi in gioco veramente, si affidano ai criteri del primo pazzo che capita”. Noto che la Fra è rimasta senza parole. Non mi resta allora che trascinarla fuori dal bar e – per alleggerire la conversazione – cambio subito argomento: “Adesso andiamo. Prima che ti finisca la pausa, ti va di accompagnarmi a prendere un po’ di ragù per cena? Mio marito mi ha gentilmente esortato a fare uno sforzetto in più per non presentare a tavola carpaccio e peperoni per più di quattro sere la settimana”.
“Oibò” arriccia il naso a coniglio “Ma se non gli sta bene – oltretutto che ti prendi sempre tu la briga di preparare – lui non è capace di mettersi ogni tanto ai fornelli?” tuona con una visibile punta di raccapriccio.
“Bè, in teoria sì; ma da quando io sto a casa, alla cucina ci penso io. Ormai sono passati dieci anni da quando mio marito mi ha incoraggiato a rinunciare alla mia carriera per seguire meglio i figli”. La faccia della Fra si fa sempre più inorridita e prosegue “Credevo fosse una decisione tua. Adesso non dirmi che ti sottometti al parere di tuo marito anche quando scegli un modello nuovo di pantaloni, perché per me è troppo. Io dovrei essere alla canna del gas, per consentirgli di mettere il becc…”
“Vedi Fra, questo è il punto” Non la lascio terminare e tiro dritto più veloce d’un treno che non guarda in faccia nessuno “Mentre prima facevi passare per normali le esortazioni a farla finita da parte di uno sconosciuto, adesso ti danno scandalo i consigli della persona che ti ha promesso fedeltà eterna”. C’è scandalo e scandalo.
Ore 21.40. Allungo l’articolo – con le quattro cose che ho messo insieme oggi pensando all’incontro con la Fra – nelle mani di mio marito, perché mi dica quel che pensa. Lo faccio ogni volta che scribacchio un pezzo. Intanto carico la lavastoviglie, in attesa di un verdetto che oggi temo sia sul negativo andante. Ci siamo. Appoggiati gli occhiali sul tavolo della cucina, lui mi fa notare come ancora mi ostini a inciampare nelle concordanze delle subordinate. Mi evidenzia tuttavia quanto apprezzi che almeno per una volta non lo prendo troppo in giro agli occhi di chi mi leggerà. Infine sorvola in maniera molto elegante su quanto sia irrisorio il contributo economico derivante da questa mia attività. Poi, nonostante tutto questo, con voce ferma commenta: “Vai avanti a scrivere, secondo me, ne val la pena. Non tutto è perfetto, ma coraggio: qualcosa di buono in un modo o nell’altro ti viene sempre fuori”.
La parola è un’arma senza licenza, fornita in dote a chiunque. In alcuni casi taglia più di una lama sulle vene. In altri, imprime uno slancio superiore al più potente arco da caccia. Non ce n’è: prima di parlare, c’è chi prende la mira meglio di altri.