Tra i santi che vengono celebrati il 31 marzo, la Chiesa cattolica ricorda oggi anche l’abate San Guido di Pomposa, noto anche con il nome di Guido degli Strambiati (anche se questo nome non trova riscontri nelle fonti). Della vita antecedente alla nomina di abate della celebre abbazia ferrarese, le fonti tramandano ben poco. Tra le notizie certe vi è il fatto che egli nacque a Casamari (nei pressi Ravenna) tra il 965 e il 970 da una famiglia agiata e che non non sentì subito la vocazione per la vita religiosa. Dopo essersi dedicato allo studio delle arti liberali, il giovane però ebbe una sorta di trasformazione e decise di donare tutti i suoi averi ai poveri e di recarsi in pellegrinaggio a Roma. Nella città papale egli ricevette la tonsura e, dopo essersi recato a Gerusalemme per visitare i luoghi santi, tornò nella sua terra intenzionato a condurre una vita eremitica sotto la guida di Martino, abate dell’abbazia benedettina di Pomposa. Quando fu ritenuto che la sua preparazione religiosa fosse completa, Guido venne assegnato alla parrocchia di San Severo di Ravenna, quindi presumibilmente nel 998 egli entrò nell’abbazia di Pomposa e nell’anno 1008 fu scelto per succedere a Martino come abate dell’abbazia. Fu sotto la sua guida che il monastero, che esisteva già alcuni secoli di storia, raggiunse una grande fama grazie al prestigio di cui godeva l’abate, uomo di cui erano note la sua grande fede e la capacità di intrattenere rapporti cordiali con i sovrani dell’epoca. Ciò portò al monastero un numero sempre crescente di monaci e più di una volta furono intraprese opere di costruzione per accogliere le nuove vocazioni. Il vescovo di Ravenna, Gebeardo, chiese la collaborazione di Guido per la stesura di una riforma ecclesiastica, ma Guido fu anche il più convinto sostenitore e promotore di un’invenzione di uno dei suoi frati: la nuova notazione musicale creata da Guido d’Arezzo che avrebbe rivoluzionato il mondo della musica, lasciandoci in eredità le sette note e il pentagramma. Stimatissimo dalle personalità dell’epoca, Guido di Pomposa vide passare nel suo monastero potenti e vescovi che si recavano in visita e lo stesso imperatore di Germania, Enrico III, manifestò l’intenzione di incontrarlo quando scese in Italia. Lo convocò a Piacenza, ma l’abate, ormai anziano, si ammalò lungo la strada e fu costretto a fermarsi a San Donnino, dove morì il 30 marzo del 1046. Subito si parlò della capacità che possedeva il suo corpo di compiere prodigi e guarigioni e l’imperatore tedesco dapprima dispose di seppellire la salma di Guido nel Duomo di Verona, poi scelse di portarla con sé in Germania e di farla collocare all’interno della chiesa di San Giovanni a Spira, dove ancora oggi riposa. Nel 1746 i monaci di Pomposa ottennero però il dono di alcune reliquie del santo che furono poste all’interno dell’abbazia e nel novembre del 2000 fu la stessa diocesi tedesca a fare dono a quella di Ferrara – Comacchio di un’altra importante reliquia, anch’essa collocata nel monastero e venerata dai fedeli. San Guido di Pomposa viene celebrato dalla Chiesa il 30 marzo, mentre a Spira viene ricordato il 7 maggio, giorno in cui nel 1047 le sue spoglie giunsero nella città germanica.



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