Tra poco comincia il campionato Blancpain GT Sprint Series. Penserete: non stiamo parlando della Formula 1, della 24 Ore di Le Mans o di una gara dalle grandi tradizioni. E allora perché occuparsene? Perché parlarne? La ragione è semplice. Perché un campione che ha 47 anni e che ha fatto della sua vita un inno alla gioia, ha deciso di ricominciare. Per l’ennesima volta. Per stupire di nuovo. E alla fine, sarà capace, come spesso gli è accaduto, di vincere qualcosa e di spingere il limite un po’ più in là. Non solo il suo. Ma quello dell’uomo stesso. Come è successo nel 2001 dopo il terribile incidente sul circuito del Lausitzring, quando è arrivato in ospedale con poco più di un litro di sangue e dopo sette arresti cardiaci, fissando nuovi parametri di sopravvivenza anche per la NASA. Se non lo avete ancora indovinato, stiamo parlando di Alex Zanardi che quest’anno riprende a gareggiare in un campionato automobilistico, facendo 6 gare. Ci sono mille aneddoti che lo riguardano e mille storie che lui ama raccontare e che, se hai la fortuna di conoscerlo, non ti stanchi mai di ascoltare. “Mi ricordo ancora – dice, per esempio, Alex – di quando, mesi dopo l’incidente, andavo a fare le visite nell’ospedale di Berlino dove ero stato ricoverato e il medico che mi aveva avuto in cura mi diceva che rappresentavo la più grande contraddizione della sua vita di scienziato perché, da un lato, ero la negazione di tutto quello che aveva studiato (io dovevo essere morto) e dall’altro la sua più grande gioia e successo”. Se un giorno poi avete voglia di leggere una bella autobiografia, andate in libreria e prendete “…però, Zanardi da Castel Maggiore!” scritta con l’amico Gianluca Gasparini. Vivrete mille emozioni, le delusioni, le sconfitte, i trionfi, il dramma e dei momenti speciali. A mio avviso il più intenso è quando racconta che, appena risvegliato dal coma, felice di essere vivo, pensa che, però, non potrà portare più il figlio Niccolò sulle spalle. E invece, alcuni mesi dopo, si ritrova a camminare col sorriso sulle labbra e suo figlio in “spagoletta”. Da una persona così, trai mille insegnamenti e, soprattutto, scopri quante altre persone altrettanto straordinarie, anche se meno famose, ci sono intorno a noi.
“Mi ricordo ancora – rammenta Alex – quando, un giorno che ero nel centro di riabilitazione, vidi un padre con una bimba piccola senza gambe in braccio che piangeva. Mi avvicinai e gli dissi che doveva farsi forza e che c’era comunque modo di vincere molte sfide. Molte più di quelle che lui si potesse immaginare. Lui mi ascoltò e poi mi disse: ‘Lei non ha capito. Io piango di gioia perché mia figlia ha compiuto quattro anni e oggi, finalmente, possiamo metterle le sue prime protesi che le consentiranno di camminare. Le mie sono lacrime di gioia. Aspettiamo questo giorno da quando è nata così, senza le gambe. Adesso però, mi perdoni, ma devo correre in un negozio a comprarle un paio di scarpe prima che chiudano. Sa, il dottore mi ha chiesto se le avevo portate.
Ma io finora non mi ero mai posto il problema con lei. Non ne aveva mai avuto bisogno”. Passare una giornata sulle piste d Sauze d’Oulx in Piemonte con Alex, i maestri della scuola di sci di Progetto SciAbile e con dei ragazzi incredibili è un’esperienza che andrebbe fatta almeno una volta nella vita. Vedere uomini e donne, bambini e bambine, con differenti disabilità affrontare una discesa su una pista da sciatori veri con lo slancio di un campione, fa comprendere a fondo le nostre potenzialità e la possibilità di superare il limite. O di non averlo proprio. Stare in mezzo a queste persone, ti obbliga anche a guardare l’Uomo dritto negli occhi e ad essere orgoglioso di appartenere ad una razza che, quando vuole, sa esprimere la sua grandezza. E allora si mescolano le storie di giovani che sciano sul seggiolino dopo traumi spinali e che, dopo aver cominciato per gioco, adesso possono andare ai campionati italiani di sci per disabili. O di una ragazzina, Cocca per gli amici, che quest’anno fa la maturità e che, nonostante la tetraparesi spastica sin dalla nascita, scia sulla sedia e persino sullo snowboard, ha fatto parapendio e ha iniziato a giocare a bocce per provare ad andare alle prossime olimpiadi di Rio in Brasile. Alex Zanardi, in un contesto di questo tipo, è la persona che meglio di ogni altra sa parlare il linguaggio della disabilità con cognizione di causa. Battute come “devo stare con i piedi per terra”, oppure “chi non ha testa ha gambe” o ancora “dopo l’incidente non ho più preso un raffreddore perché non cammino più scalzo” o di nuovo “mio nipote, quando giochiamo a nascondino mi dice sempre che vuole essere come me perché trovo posti per nascondermi dove uno con le gambe non può entrare”, fanno parte del normale dialogo con lui. Ci sono uomini e donne, che con la loro disabilità e la loro forza e determinazione a superarla, ti danno una lezione di vita. E allora, in bocca al lupo Alex. Facci sognare, come alle Olimpiadi di Londra del 2012!