Un grido d’aiuto che abbatte le mura delle carceri italiane, che possono – anzi devono – cambiare in fretta. Come spesso avviene, l’urlo si fa corale, racchiudendo in se più voci. La preoccupazioni per le condizioni di vita dei detenuti italini (rinchiusi in strutture troppo spesso fatiscenti) si pongono nel solco delle pesantissime sanzioni che la Corte europea dei Diritti dell’Uomo si prepara a infliggere al nostro Paese a partire dal 28 maggio. Qualcosa, per rendere più umane e vivibili le prigioni, è stato fatto. Ma è ancora troppo poco. I firmatari dell’iniziativa – senza precedenti – sono, tra gli altri (compresi consorzi e cooperative sociali), realtà quali Arci, Antigone, A buon diritto, Libera, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Consiglio italiano per i rifugiati, Legacoop sociali, Ristretti orizzonti, Unione camere penali italiane, Cnca, Federsolidarietà confcooperative, Cittadinanzattiva e Gruppo Abele. I destinatari dell’appello sono Giorgio Napolitano, Matteo Renzi, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, ma anche Hermann Van Rompuy (presidente del Consiglio Europeo) e Juan Fernando Lòpez Aguilar (presidente della commissione Libertà civili del Parlamento Europeo). All’alba del semestre europeo che si tingerà di tricolore (saremo noi a guidare i lavori) i promotori dell’iniziativa presentano sette richieste imprescindibili per migliorare in concreto le condizioni di vita nelle carceri italiane. Eccole: 1) riforme legislative per procedere sulla doppia via della depenalizzazione e della residualizzazione della pena carceraria; 2) nuovi modelli di gestione dei penitenziari con il coinvolgimento del volontariato, dell’associazionismo e della cooperazione sociale e diversa gestione del personale. 3) Sinergia pubblico-privato sul fronte del lavoro in carcere (Il tasso di disoccupazione nelle carceri Italiane è del 96%); 4) Tutela dei bambini in carcere con le loro mamme. 5) Housing sociale ; 6) Invio in comunità dei detenuti tossicodipendenti ; 7) Nomina del Garante nazionale. Il fine ultimo? “Un diverso modello di giustizia e di detenzione, più responsabilizzante, meno chiuso in se stesso e più aperto al ritorno nella società. Ma senza un coinvolgimento reale della società civile che opera da anni nel settore, difficilmente si potranno fare di passi in avanti”.  Le adesioni continuano alla seguente e-mail: appellocarceri2014@gmail.com



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