Il 24 aprile la Chiesa ricorda santa Salomè, patrona del comune di Castelliri, in provincia di Frosinone, dove però viene festeggiata il 22 ottobre. Salomè – che non va confusa con la perfida figlia di Erodiade, moglie di Erode, che chiese al marito la testa di Giovanni Battista – è un personaggio che compare anche nei Vangeli ed è la madre degli apostoli Giacomo e Giovanni. Anche lei fu un una discepola di Gesù, insieme a Maria Maddalena e Maria, madre dell’apostolo Giacomo, detto il Minore e fu tra le donne che assistettero alla morte di Cristo ai piedi della croce. Nell’iconografia popolare vengono definite come le Tre Marie e non è infrequente trovare il nome di Salomè trasformato in Maria Salomè.Attorno alla sua figura, così come alle altre che popolano i Vangeli, sono fiorite numerose leggende che vedono tutti coloro che più stavano vicino a Gesù mettersi in viaggio per portare la sua parola negli altri paesi dell’Asia e dell’Europa. Giuseppe d’Arimatea sarebbe sbarcato in Britannia, le tre Marie in Camargue (Francia Meridionale), ma una leggenda alla quale la Chiesa ha dato credito è quella che vede Salomè essersi messa in viaggio in compagnia di San Biagio e San Demetrio. I tre giunsero in Italia, a Veroli (Frosinone). La donna, stanca per il lungo viaggio, chiese ospitalità presso la casa di un uomo che abitava poco fuori dalle mura della città, i suoi compagni invece entrarono in Veroli per predicare la Buona Novella, ma i pagani non accolsero di buon grado le loro parole e li uccisero, dopo averli martirizzati. Salomè invece, rimasta a casa dell’uomo che le aveva offerto ospitalità, lo convertì al cristianesimo ed egli fu battezzato con il nome di Mauro. La donna però era già anziana e il lungo viaggio l’aveva provata, così che dopo alcuni mesi morì. Era il 3 luglio di un anno che non si conosce. Mauro ripose il corpo di Salomè in un’urna di pietra sulla quale scolpì le parole “Hae sunt reliquiae B. Mariae Matris apostolorum Jacobi et Joannis”. L’uomo però temeva di venire anch’egli perseguitato perché convertito e pensò di nascondere se stesso e l’urna in un luogo poco accessibile e scelse la Grotta di Paterno, dove morì poco tempo dopo. L’urna fu ritrovata da dei pagani che la portarono nella piazza di Veroli, convinti che all’interno vi fosse un tesoro. Alla vista dei resti umani, delusi, buttarono le ossa per bruciarle, ma queste furono raccolte da un uomo greco che aveva letto l’iscrizione sull’urna. L’uomo le pose in un panno e a esso allegò un cartiglio con la scritta “Maria Mater Joannis Apostoli et Jacobi ene ista”, nascose poi il tutto in un anfratto nei pressi di una rupe e lì i resti di Salomè rimasero fino al 25 maggio 1209, finché non furono ritrovati da un tale chiamato Tommaso.



L’uomo raccontò di aver sognato San Pietro e Santa Salomè che gli indicavano il luogo della sepoltura e lo pregavano di recuperare le spoglie della donna. Tre giorni dopo giunse sul posto il vescovo di Penne, insieme agli abati del monastero di Casamari e di Sant’Anastasia di Roma. Quando i religiosi sollevarono in altro le ossa per mostrarle alla folta folla convenuta, accadde un miracolo: dalla tibia della santa iniziò a sgorgare sangue. La folla cadde in preghiera e si decise di conservare braccia e la testa di Salomè in una teca d’argento che fu posta tra i tesori della cattedrale cittadina; le altre ossa invece furono collocate in una piccola urna che venne poi sistemata al di sotto dell’altare della chiesetta che sorse sul luogo del ritrovamento. La chiesetta venne poi trasformata in una vera e propria basilica in onore della santa, ma nel 1350, un forte terremoto causò gravi danni all’edificio e ciò costrinse a una traslazione dell’urna all’interno della cattedrale. La basilica venne ricostruita solo nel XVIII secolo e subito le reliquie tornarono nel loro luogo originario, dove riposano ancor oggi.

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