Il 25 aprile, giorno dell’anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, si celebra la memoria di una delle figure più rilevanti del Cristianesimo, ovvero l’evangelista San Marco. Le informazioni circa la data esatta di nascita e morte non sono precise, ma si presume essere venuto al mondo attorno al 20 d.C. e scomparso nella seconda metà del primo secolo. La tradizione vuole che sia proprio lui l’autore di uno dei quattro Vangeli che compongono il Nuovo Testamento. La sua figura viene venerata da diverse Chiese cristiane, non soltanto quella di stampo cattolico ma anche dagli ortodossi e dai Copti, che lo considerano come il loro Patriarca. Le notizie riguardanti gli anni della sua giovinezza e delle sue discendenze si riducono a un brano degli Atti degli Apostoli – l”Lettera ai Colossesi 4,10″ – in cui viene citato come cugino di Barnaba, il che fa pensare ad una sua presunta origine ebraica di stirpe levitica. Il nome Marco veniva utilizzato dal Santo per introdursi alle genti Romane, mentre quello usato presso i suoi connazionali era Giovanni.
Il primo contatto con i racconti Apostolici avvenne nel 44 d.C., quanto il discepolo Paolo e suo cugino Barnaba, di ritorno a Gerusalemme, raccontarono al giovane Marco della diffusione del Vangelo nella città di Antiochia. In seguito decise di intraprendere con loro un secondo viaggio ad Antiochia, ma impaurito dalle difficoltà decise di ritornare a Gerusalemme fermandosi a Cipro. Questi vi fece ritorno nel 49 con Barnaba, dopo che Paolo si rifiutò di portarlo con se nella sua missione in Asia Minore, visto il precedente abbandono avvenuto cinque anni prima. Negli anni successivi riesce a riconquistare la fiducia degli Apostoli, o almeno questo è ciò che si intuisce dal momento che Pietro lo include nella lista dei saluti, a margine della sua prima lettera da Roma, assieme alle genti Cristiane presenti in Asia Minore. Secondo alcune fonti Marco raggiunse Roma per mettersi a disposizione di Pietro, e con ogni probabilità assistette al martirio di Paolo. È proprio nella città eterna che cominciò la stesura del suo Vangelo, trascrivendo letteralmente le gesta del Patriarca della Chiesa Cristiana, senza utilizzare artifizi retorici o schemi prestabiliti. Nel corso della sua permanenza in Italia, Marco venne inviato da Pietro nella parte settentrionale, per portare a compimento l’opera di Evangelizzazione.
Presso Aquileia riuscì a convertire Ermagora, passato alla storia come il primo vescovo della cittadina, e a seguito di un nubifragio nella strada di rientro, trovò riparo nell’area corrispondente all’attuale Venezia, sulle isole Rialtine. In quella notte un angelo gli apparve in sogno salutando con la celebre frase “Pax tibi Marce evangelista meus”, a cui il Santo promise di restare tra le isole fino agli ultimi giorni della sua vita. Un’antica tradizione vuole che il discepolo Pietro lo inviò ad Alessandria d’Egitto, per proseguire l’Evangelizzazione sull’altra sponda del Mediterraneo, e proprio là Marco fondò la prima Chiesa nella città, diventando a sua volta il primo vescovo. Durante la sua permanenza Egiziana, fu vittima di un martirio nel periodo in cui l’imperatore Traiano era salito al potere: la sua tortura fu cruda, e venne trascinato lungo le strade roccioso di un piccolo villaggio, legato con alcune funi. Il suo corpo sanguinolento venne successivamente gettato in carcere per trascorrere la notte, nel corso della quale un angelo portò confronto al Santo in sogno. Il giorno seguente fu nuovamente trascinato per le vie del paese, finché non rese l’anima al Signore il 25 Aprile all’età di 57 anni.
Secondo gli Atti del Santo l’anno della morte dovrebbe essere il 72 d.C., ma anche in questo caso le notizie non sono certe. Si narra inoltre che gli ebrei, unitamente ai pagani presenti nel territorio, volessero dare alle fiamme il suo corpo, ma il loro intento venne stroncato sul nascere a causa di un potente uragano che disperse le genti. In questo modo alcuni cristiani riuscirono a rintracciare il corpo, regalandogli una dignitosa sepoltura presso una grotta di Bucoli, per poi essere trasferito cinque secoli dopo nella Chiesa di Canopo. Proprio lì, nei primi decenni del IX secolo, due mercanti Veneziani entrarono in possesso delle reliquie, trasportandole nella loro città d’origine per paura che potessero finire tra le mani degli Arabi, già responsabili nel 644 dell’incendio della Chiesa stessa. Queste vennero accolte con giubilo dal doge Giustiniano, che le depose all’interno di una piccola cappella, sulle cui fondamenta nacque l’attuale Basilica di San Marco.