Il 26 aprile la Chiesa cattolica ricorda e celebra la memoria di Santo Stefano di Perm, vescovo russo del periodo medioevale che nacque a Velikij Ustyug, una cittadina che sorgeva sulle prime propaggini dei Monti Urali, nei pressi del confine tra Asia ed Europa. In quest’area la maggior parte della popolazione era costituita da zyryan o permyak, un’etnia che ancora non si era convertita al cristianesimo, ma Stefano nacque in una famiglia cristiana in un anno che viene collocato tra il 1340 e il 1345. Il padre era corista presso la chiesa di Ustyug e il ragazzo apprese fin dall’infanzia anche la lingua ugro finnica parlata dagli zyryan. Poiché era dotato di una brillante intelligenza, ma anche animato da una forte fede, Stefano volle che la sua vita fosse improntata nel portare la parola di Dio a coloro che non conoscevano il cristianesimo, perciò decise di farsi monaco. Per adempiere alla sua missione di evangelizzazione era però necessario conoscere altre lingue e, per questo motivo, trascorse alcuni anni in un monastero di Rostov, il San Gregorio Nazianzeno, per apprendere il greco. Durante quegli anni, il giovane si dedicò all’elaborazione di un alfabeto adatto a scrivere la lingua dei permyak e quindi procedette alla traduzione delle Sacre Scritture. Nel 1379 ottenne il permesso di lasciare il monastero per dedicarsi alla predicazione a quelle genti che ancora non conoscevano Gesù. Le sue parole però attirarono ben pochi seguaci, ma lui non si perse d’animo e iniziò la costruzione di una chiesa, a cui seguì anche quella di un monastero. Quel popolo, poco interessato al Vangelo, si mostrava però molto interessato alle liturgie cristiane e soprattutto alle immagini che illustravano i diversi momenti delle Sacre Scritture e così Stefano si trasformò anche in un abile iconografo, decorando lui stesso gli edifici che aveva provveduto a costruire. Poiché l’interesse per la Buona Novella tuttavia non accresceva, Stefano arrivò al punto di incendiare lui stesso un tempio pagano e da quel momento le cose cambiarono. Con quel gesto acquisì credibilità agli occhi dei zyryan che iniziarono ad ammirarlo per il suo coraggio e ben presto quasi tutti si convertirono al cristianesimo.



Nonostante il suo fervore religioso, il santo era però estremamente tollerante nei confronti di coloro che avevano deciso di rimanere pagani e, più di una volta, prese le loro difese di fronte alla maggioranza cristiana. Poiché il numero dei convertiti era andato aumentando, vi fu l’esigenza di costruire altre chiese e anche di formare un nuovo clero di origine permyak, ma per fare ciò era necessaria anche la coordinazione di un vescovo e, a Mosca, si pensò che non vi fosse persona più adatta di lui a ricoprire tale carica, per cui nel 1383 venne ordinato vescovo. La responsabilità di reggere una diocesi infervorò ancor di più Stefano, che continuò a fondare chiese e monasteri, ma soprattutto divenne il più grande difensore del suo popolo. Più volte si recò a Mosca e a Novgorod per protestare contro l’alta tassazione imposta agli zyryan e giunse persino al punto di scendere con loro in battaglia, quando dovettero difendersi dall’attacco di una tribù nemica. Proprio durante uno dei suoi viaggi a Mosca lo colse la morte: era il 26 aprile del 1396. Stefano venne seppellito all’interno del monastero della Trasfigurazione, intanto però, nella terra di Perm, nessun altro religioso si dimostrò alla sua altezza nel prendere le difese del popolo e presto i suoi insegnamenti andarono perduti, così come le sue opere tradotte nell’alfabeto che lui stesso aveva ideato. Di quell’alfabeto non restano che alcune iscrizioni e gli zyryan dimenticarono la religione cristiana. Nonostante i frutti della sua missione fossero andati perduti, la Chiesa Ortodossa riconobbe nella figura di Stefano, quella di un grande missionario e, nel 1549, procedette alla sua canonizzazione. Quell’atto venne riconosciuto anche dalla Chiesa Cattolica e Stefano viene dunque commemorato nella data del 26 aprile.

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