Si chiama Sinead Clarkson la donna di 36 anni che ha spinto la figlia Melissa (19enne) a rimanere incinta così da poter usufruire entrambe di un secondo sussidio. La donna racconta di vivere con il sussidio di disoccupazione dall’età di 16 anni, sostenendo che è impossibile trovare lavoro nella sua città natale, Rocdale, nei pressi di Manchester. La ragazza è ora incinta di 6 mesi. La donna, senza vergogna, che riceve mensilmente un assegno di 1200 sterline, ha detto: “La cosa migliore sarebbe stata quella di avere un bambino, e gliel’ho ho detto. Sono così contenta che ora è incinta, perché vuol dire che otterrà una casa e più benefici”. Ha poi aggiunto: “Se lei dimostra di essere una buona madre ho intenzione di incoraggiarla ad avere più figli così lei può rivendicare più benefici e avere una vita migliore”. 



In Inghilterra si è scoperto che una donna disoccupata ha vissuto per vent’anni grazie ai sussidi statali, e facendo dei figli per ricevere i cosiddetti Child Benefit e non avere lo stress di cercarsi un lavoro. Qual è la sua reazione?

Questo sistema assistenziale è indice che l’illuminato Regno Unito si è accorto dei danni prodotti dal blocco delle nascite negli anni passati. Soprattutto dei danni di bilancio dello Stato. E forse proprio per questo lo Stato inglese ha anche tagliato le spese sanitarie per gli anziani privandoli delle cure farmacologiche necessarie. Il Regno Unito – come peraltro anche il nostro paese – è pieno di contraddizioni.



Ci può spiegare meglio?

La decisione assistenziale dello Stato non sarebbe cattiva, se servisse a stimolare la creazione di famiglie. Ma chi ne beneficia dovrebbe venire responsabilizzato e lo Stato non si dovrebbe limitare a disporre di sussidi. Lo dimostra il fatto che quando questa donna ha ammesso l’uso della maternità per farsi mantenere, nello stesso Parlamento inglese si è detto che il sistema dei benefits non funziona perché c’è chi se ne approfitta.

Come avrebbero dovuto reagire invece?

Avrebbero dovuto domandarsi il perché c’è chi se ne approfitta. Si sarebbero resi conto che la mancanza di senso morale, che in questo caso stava nel non preoccuparsi di cercar lavoro e di vivere sfornando figli in modo irresponsabile, ha reso i figli dei mezzi di sostentamento per se stessi, per far crescere il Pil a tutti i costi. Viene in mente quel film con Sofia Loren (Ieri, oggi e domani) dove lei per non farsi arrestare (essendo venditrice illegale di sigarette) continua a far figli, che lascia poi in mezzo alla strada. Questo è un esempio di “furbizia irresponsabile” che ricorda il caso inglese.



Da un punto di vista morale invece come valuta il caso della donna inglese? 

Ormai nella società di oggi nessuno più sa cosa voglia dire “morale”. Se una donna vuole restare incinta per avere soldi, usando i figli per creare ricchezza per sé stessa, dicendo che in fondo i figli sono creature di Dio, in più aumentano il Pil, e i sussidi dello Stato creano consumi e sviluppo economico, dov’è il problema morale?

 

Appunto, ce lo dica. Dov’è?

Sta nel fatto che i figli dovrebbero nascere all’interno di una famiglia naturale fatta da un padre e una madre che hanno in progetto innanzitutto di amarli, di educarli, di allevarli responsabilmente e per contribuire anche al bene comune della società in cui vivono. Ma ciò presuppone il riconoscere che siamo creature di Dio, che i figli generati sono doni di Dio. Se  si ritiene che siamo invece frutti del Caso e del Caos, che dignità può mai avere un essere umano, che senso può avere la vita stessa?

 

Ma perché si è smesso di fare figli?

Grazie alle dottrine neomalthusiane, imposte dai poteri dominanti che elaboravano culture dominanti, a loro volta mixate ad altre ideologie. Pensiamo al femminismo, che ha negato il valore del matrimonio e della maternità e utilizzato i contraccettivi e l’aborto come arma per ribellarsi al giogo maschilista. Il risultato è stato la “maschilizzazione” della donna che ha rivendicato il valore lavorativo come superiore al valore generativo, e ha semsso di fare figli.

 

E questo cosa ha comportato?

Che la donna a furia di anteporre l’affermazione professionale alla maternità è arrivata all’età limite per avere figli. Ma per quanto voglia negarlo, la donna ha innato il senso di maternità, scatta in lei il meccanismo di “diritto al figlio” e ricorre alle tecniche riproduttive per ottenere una gravidanza a tutti i costi, anche al di là di una stabilità affettiva, ma al massimo potrà avere uno, forse due figli, e quindi la popolazione non cresce.

 

E che impatto ha questo cambiamento sulla società?

Intanto il primo impatto lo subisce l’essere umano e la famiglia, la prima cellula della società. Dissociare l’atto riproduttivo dall’atto d’amore, o la maternità e paternità biologica da quella sociale, come accade con le tecniche riproduttive rispettivamente omologhe e eterologhe,  provoca un qualcosa di nuovo in natura: i figli non avranno i geni dei genitori ma saranno in parte figli di altri – come nel caso dell’eterologa – e si svilupperà nel grembo di una donna che non sarà sua madre, come nel caso della maternità surrogata.

 

Ma che problema c’è nell’avere un figlio se la scienza lo permette?

Il vero problema sono gli effetti di queste possibilità, che rimangono sconosciuti e incontrollabili: una donna che pretende di avere un figlio a 50 anni pensa al fatto che quando il figlio sarà adolescente lei sarà entrata nella terza età?. Il fatto che certe tecniche riproduttive ti permettano di avere un figlio ad un’età in cui naturalmente sarebbe poco probabile, dimostra che la scienza può  fare cose straordinarie, ma dimostra che l’uomo si rifiuta di accettare i suoi limiti. Senza però conoscerli, ohimè.

 

Da un punto di vista economico-morale invece come valuta il caso della donna inglese che si è approfittata dei sussidi statali per non subire lo stress del lavoro?

L’attuale crisi economica, che è stata causata dal crollo della natalità, ha prodotto povertà diffusa nei paesi occidentali che erano indottrinati di positivismo e nichilismo. Ora per compensare questa povertà si “permette” o si stimola a far figli su commessa. Commessa interna, quando si producono figli per non dover andare a lavorare, perché lavorare provoca stress. Commessa esterna quando si dà in outsourcing la gravidanza per non subire lo stress della maternità o non lasciare il lavoro. Bisogna chiedersi se lo stress non sia la nuova malattia moderna.

 

Può spiegare meglio?

Per capire meglio bisogna leggere – come ripeto sempre, ma repetita iuvant – l’introduzione di Caritas in Veritate di Benedetto XVI. Lì si capisce che cosa ha significato per l’uomo di questo secolo abbracciare la cultura nichilista e rifiutare i valori eterni che la Rivelazione ha permesso di intendere. Da troppo tempo l’uomo rifiuta due alimenti: quello intellettuale e quello spirituale, e si accontenta di quello materiale-corporale, e ne gode finché può. L’uomo va salvato da questa situazione.

 

E come si fa a salvarlo?

Come spiega in Lumen Fidei Papa Francesco, bisogna tornare ai sacramenti, a pregare, ad ascoltare il magistero della Chiesa. Per riuscirci abbiamo bisogno di sacerdoti santi. Dobbiamo pregare perché Dio ce ne fornisca in abbondanza. Ne abbiamo bisogno ora più che mai.

 

(Lgt)