In un’intervista al Qn del 12 maggio, a una domanda riguardante i “valori non negoziabili” (“Negli anni scorsi la Cei ha investito molto sui valori non negoziabili (vita, famiglia, educazione). Il Papa non ha a cuore questa espressione, anche lei?“), mons. Nunzio Galantino risponde: “Pensiamo alla sacralità della vita. In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche, che praticano l’interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro“.



L’intervista, che sta facendo parlare tanto di sé, ha un solo difetto, ed è l’aggettivo “inespressivo” accostato a “volto”. Ogni volto parla, ogni viso esprime. Sono sicuro che don Nunzio sottoscriverebbe queste mie parole. Ma per il resto sono io che sottoscrivo le sue – quelle dell’intervista – a due mani, a doppia mandata. E al cento per cento. Soprattutto sono un po’ stanco delle polemiche, che a me sembrano un po’ pretestuose, su “i valori non negoziabili”. Ci sono delle parole che hanno una consistenza. Valori non negoziabili è una di queste, anzi due e vogliono dire “pietra”. 



Di una pietra si può fare una pietra angolare, cioè qualcosa di fondante, qualcosa che ci costruisci sopra qualcosa di importante, qualcosa che non vuoi che crolli perché lì dentro ci metterai la tua vita, ci poggerai le cose e le persone più importanti per te, oppure di una pietra si può fare un muro. Non un muro di sostegno però: un muro di muro. Di quelli che tolgono la visuale e non fanno capire cosa succede al di là, che creano gli steccati mentali, quelli del dentro e del fuori. I “valori non negoziabili” cosa sono? Anzi, cosa li stiamo facendo diventare? Sono dei principi del nostro credere e vivere, o li stiamo facendo diventare un muro che ci divide dagli altri e non ce li fa più vedere? 



Una delle caratteristiche del matrimonio è l’indissolubilità, ma un matrimonio non è solo indissolubilità, è vita. Due persone quando si sposano devono saperlo che il matrimonio è indissolubile, ne devono parlare, ragionare, ci devono fare sopra il corso prematrimoniale, ma poi si sposano. E vivono. Che non vuol dire che l’indissolubilità se la mettono alle spalle ma che, siccome è qualcosa che c’è, non si sta tutto il giorno a parlarne come si faceva quando si era fidanzati. 

L’indissolubilità è nella minestra, nella telefonata, nelle vacanze, nella risata, nel sudore. Nella vita, nei figli. Poi, certo, ogni tanto se ne può pure riparlare nel senso di approfondirla, ma come si parla di qualcosa di custodito e amato. 

I “valori non negoziabili” nel cristianesimo ci sono davvero. Ci sono, sono quelli, e sono difesi in primis dallo Spirito Santo. Che, oltretutto, parrebbe esprimersi attraverso una certa gerarchia (almeno noi cristiani dovremmo crederci). I valori non negoziabili, come la morale, la teologia e tante altre cose, ci sono perché c’è Cristo. Seguo Cristo, trovo Lui, e tante cose vengono di conseguenza. C’è stata un’epoca in cui la chiesa in Italia, unita al Santo Padre, ha insistito su certe cose. Adesso insiste su altre. Mi sembra strano spiegare al Segretario della Cei adesso cosa debba fare la Cei adesso. Prima l’ho detto con la fede, adesso lo dico col pane e salame. Anche solo dal punto di vista umano, del buon senso. Se l’allenatore è Guardiola si gioca come Guardiola dice, se è Mourinho come dice lui. Potrà piacermi di più o di meno, ma sempre calcio è. E gran calcio.