Con un iter veloce, com’è ormai abitudine consolidata nella Commissione giustizia, presieduta con un piglio deciso dall’On. Donatella Ferranti, è arrivato il primo sì al divorzio breve. Terminato l’esame degli emendamenti, l’attuale proposta normativa riduce il tempo della separazione da tre anni a 12 mesi, in caso di contenzioso. Ma se si tratta di una separazione consensuale i tempi si riducono ulteriormente a 6 mesi. E, cosa a mio avviso particolarmente importante, ai fini della riduzione del termine non si tiene conto della presenza di figli minori. Il M5S poi ha fatto di questo punto la propria battaglia in commissione, fosse dipeso da loro anche sei mesi sembravano troppi.



Anche nella legislatura precedente il disegno di legge era quasi arrivato in dirittura di arrivo e la Commissione aveva approvato un ddl che consentiva di divorziare più velocemente, ma mai in meno di un anno!, purché non ci fossero figli minori. Era evidente ieri, assai più di oggi, l’intenzione di tutelare i bambini. Perché non possiamo dimenticare che una famiglia unita resta il bene maggiore per i bambini e ogni crisi di famiglia lascia sempre qualche traccia nel carattere dei figli, nella loro capacità di porsi in relazione con gli altri, nella sicurezza con cui affrontano le difficoltà successive. La letteratura scientifica in tal senso è enorme e molte delle riflessioni educative elaborate in questi anni puntano a ridurre il danno che ogni separazione crea, quel lutto così difficile da rielaborare, uno strappo che anche molti anni dopo i bambini ricordano in modo doloroso.



Il matrimonio diventa sempre più un affare da grandi in cui i figli, se ci sono, rischiano di diventare semplici spettatori di un piccolo dramma domestico. E’ evidente l’ingiustizia che si compie nei loro confronti quando li si pone ai margini di decisioni fondamentali che li riguarderanno per tutta la vita: rispetto al trionfo dell’autonomia dei genitori il loro consenso, più o meno informato, non pesa infatti pressoché nulla. Riducendo il peso dei figli nel processo decisionale, dal momento che basta che i genitori trovino, sia pure tardivamente, un accordo tra di loro i genitori, il senso stesso della famiglia, il suo valore di soggetto sociale viene ulteriormente sminuito.



In commissione hanno votato a favore Pd, M5S, Sel e il co-relatore di Forza Italia Luca D’Alessandro, unico del suo gruppo presente in commissione. Il nuovo Centro destra ha votato contro, mentre alla seduta non erano presenti gli altri esponenti di FI, i deputati di Scelta civica, i Popolari per l’Italia e la Lega. Il governo si è rimesso alla commissione nel dare i pareri.

Il testo sarà in aula il 26 maggio, alla ripresa dei lavori subito dopo le elezioni europee, ed è stato affidato a due relatori: D’Alessandro di FI, come relatore di minoranza, che – vale la pena ricordarlo – ha votato a favore del provvedimento, e Alessandra Moretti del Pd, prima firmataria della legge. Come è facile notare nessuno dei due relatori rappresenta posizioni etico-culturali diverse che guardino alla famiglia come un soggetto da tutelare, nonostante le difficoltà e le crisi che attraversa, pur appartenendo una alla maggioranza e uno all’opposizione. 

Fin qui i fatti recenti, su cui però vale la pena porsi qualche domanda. Tenendo conto dei problemi di cui soffre il nostro Paese proprio in merito ai problemi della giustizia, era davvero una priorità concludere in commissione l’iter di una legge come questa? Alla luce dell’esperienza di questi quarant’anni e del dibattito che ha sempre accompagnato temi come il divorzio, è possibile affrontare un tema di questo tenore senza un coinvolgimento della pubblica opinione e soprattutto delle associazioni familiari? E’ davvero indifferente la presenza o l’assenza di figli minori nel momento di prendere decisioni così importanti, da cui dipenderanno molte cose che toccano in profondità la loro vita? 

D’altra parte dobbiamo rilevare come in questi ultimi 45 anni – la legge sul divorzio è del 1° dicembre 1970 – ci sia stata una carenza assoluta di politiche familiari, a cominciare dalle politiche per la casa, per il lavoro e per la rete di servizi indispensabili per permettere ad entrambi i genitori di conciliare con serenità lavoro e vita di famiglia. Nulla è stato fatto per il sostegno alle famiglie numerose ed è ben noto come ogni figlio in più comporti per le famiglie un impoverimento almeno del 20%. Conosciamo gli escamotage per cui i genitori sono obbligati a simulare finte separazioni per poter godere del diritto all’asilo per i figli o per mantenere la loro pensione negli anni successivi. La comunione di beni è vissuta dai coniugi come una potenziale persecuzione da parte del fisco e nell’attuale legislatura manca nel governo una figura di riferimento, ministro o sottosegretario, che abbia come delega principale la famiglia.

Se si parla di famiglia è solo per l’omologazione di altri modelli di convivenza non fondati sul matrimonio, civile o religioso, a cui si vogliono equiparare i pochi vantaggi del far famiglia esonerandoli dall’eventuale rischio di un divorzio, sia pure brevissimo. Non c’è dubbio che le differenze tra le unioni di fatto e la famiglia fondata sul matrimonio si stiano assottigliando velocemente e l’iter di questo disegno di legge ne è una conferma. 

In compenso giacciono nel dimenticatoio disegni di legge, alcuni dei quali anche a mia prima firma, sui temi cruciali per venire incontro non solo alle esigenze delle giovani coppie ma anche a quelle delle coppie avanti negli anni, per evitare che la fedeltà vissuta generosamente in tutto l’arco della loro vita, diventi ad un certo punto un ostacolo per raggiungere quei minimi di sicurezza economica di cui pure hanno bisogno. Tra tutti, però, oggi voglio ricordare il mio ddl per istituire l’Autority della famiglia: prevede per tutti i ministeri, nessuno escluso!, l’obbligo di valutare l’impatto che ogni legge può avere sulla famiglia, include un dialogo costante con le associazioni familiari e crede fermamente che il futuro del Paese può solo ripartire dalle famiglie, considerate il più potente fattore di coesione sociale in questa nostra società così drammaticamente in crisi, soprattutto sotto il profilo etico.