“La visita del Papa in Terrasanta è un momento fondamentale per i cristiani arabi, sempre più spesso costretti a emigrare quando non si trovano a essere direttamente perseguitati”. Lo sottolinea padre Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica in Egitto, il primo giorno del viaggio in Terra Santa di Papa Francesco, che dopo essere stato in Giordania, oggi e domani sarà in Palestina e Israele. Un viaggio che vanta un precedente importante, quello di Papa Paolo VI che nel 1964 si incontrò con Atenagora, patriarca ortodosso di Costantinopoli. Proprio come Papa Francesco, che incontrerà il successore di Atenagora, Bartolomeo.
Padre Greiche, i cristiani del Medio Oriente come vivono questa visita del Papa?
E’ un momento meraviglioso per l’intero Medio Oriente e per ogni cristiano che ci vive. E’ una grande grazie che il Papa venga, specialmente in un’area molto travagliata come quella rappresentata da Giordania, Palestina e Israele. Molti cristiani mediorientali stanno emigrando e lasciando le loro terre. Il Papa sta venendo perché, in quanto successore di San Pietro, vuole rafforzare la fede delle persone.
Qual è il significato di questa visita per i cristiani perseguitati in Medio Oriente?
E’ un segno di solidarietà, ma non impedirà il fatto che il terrorismo e le discriminazioni continuino. I continui richiami del Papa sulla questione dei cristiani perseguitati possono rappresentare una pressione sui governi europei, che a volte volontariamente o meno incoraggiano questi gruppi terroristici, tra cui i Fratelli musulmani.
L’incontro tra il Papa e l’arcivescovo ortodosso Bartolomeo, patriarca di Costantinopoli, sarà un segno dell’unità tra i cristiani?
Nell’ultimo anno le diverse chiese cristiane hanno dimostrato una particolare volontà di aprirsi l’una all’altra, superando tutti i motivi di divisione, e il fatto che il Papa si incontri con il patriarca Bartolomeo può rappresentare un’occasione particolarmente propizia. Questo incontro ha del resto un precedente nel 1964, quando Paolo VI incontrò Atenagora patriarca di Costantinopoli. Gerusalemme è la città più importante per la nostra fede, e questo incontro è un segno molto significativo per l’unità che tutti stiamo cercando.
Che cosa cambierà con questa visita per quanto riguarda il dialogo tra cristiani e musulmani?
Questa visita sarà un segno del fatto che gli orizzonti della Chiesa sono aperti a chiunque, siano essi musulmani, ortodossi, ebrei o protestanti. E’ evidentemente un fatto positivo che la Chiesa voglia essere sempre più aperta nei confronti delle persone di altre confessioni religiose.
Come vede la posizione della Santa Sede rispetto ai rapporti tra israeliani e palestinesi?
I palestinesi sanno che la Santa Sede non sta dalla parte di Israele, con il cui governo al contrario ha numerosi problemi, riemersi anche nell’ultimo anno con le ingiuste accuse che sono seguite ai gesti di solidarietà del Papa nei confronti dei palestinesi.
Quanta risonanza avrà la visita del Papa in Medio Oriente?
La gente anche di fede musulmana ama questo Papa, come amava Giovanni Paolo II. In Medio Oriente è conosciuto, e il suo arrivo rafforzerà sempre più il dialogo con i musulmani.
Qual è il significato religioso di questa visita?
Quando il Papa incontra così tanta gente nella Città Santa di Gerusalemme, dove si è svolta la vita dei profeti e poi di Gesù, ciò ha un intenso significato spirituale. Questo suo mettersi sulle orme di Gesù significa che il Papa intende compiere il suo stesso percorso.
Questo viaggio può essere anche un momento per rafforzare la pace in Medio Oriente?
La pace in Medio Oriente può essere resa possibile dalla giustizia e dal dialogo. Compito della Santa Sede è incoraggiare tutte le parti coinvolte nel conflitto a perseguire la via della pace.
(Pietro Vernizzi)