Quando Yara Gambirasio scomparve, e quando poi fu ritrovata, ilsussidiario.net mi chiese di occuparmene. Lo feci, incontrando, stupito e grato, un popolo – una famiglia, un paese, un parroco, un vescovo – capace di stare davanti al dolore più straziante che possa colpire una madre e un padre con una compostezza, una dignità, una forza straordinarie. Le ricerche affannose, poi il ritrovamento del corpo, poi il funerale sono state una testimonianza senza pari di come la fede cristiana renda capaci di stare di fronte al male che morde la carne senza esserne schiacciati e insieme senza cedere alla tentazione della maledizione, del moralismo, della vendetta.
Ora il ministro dell’Interno, Alfano, ha annunciato che l’assassino è stato individuato. Si tratta di Massimo Giuseppe Bossetti, un muratore quarantenne della bergamasca. Uno dei pochi dettagli che si conoscono, terribile, è che è un padre di famiglia. Uno come me. Quando il sussidiario mi ha chiesto di scrivere queste note mi sono schermito: di fronte a un dolore così grande, a una ferita così terribile che si riapre io non ho niente da dire. Se non questa idea che mi ha subito attraversato la testa: è uno come me. Avrei potuto essere io. Io, se Dio non avesse avuto pietà del mio male e non mi avesse tenuto una mano sulla testa e non mi avesse impedito di arrivare a un atto così. Mi è tornato in mente quel racconto di Chesterton in cui Padre Brown, a chi gli chiede come ha fatto a scoprire un assassino, risponde (pressappoco, cito a memoria): «Perché quell’uomo l’ho ucciso io. Perché tutto il male che gli uomini fanno è il mio male, è il male che sta in fondo al mio cuore. Io non sono meglio di loro».
Non so che cosa succederà adesso. Ho un timore. Che si scateni la curiosità morbosa, la caccia al mostro, il linciaggio – mediatico, quantomeno – dell’orco. Il sindaco di Brembate Sopra ha ragione, assicurare un assassino alla giustizia è «un atto dovuto», chi ha sbagliato è giusto che paghi, che un colpevole sia smascherato è una cosa buona. Che diventi il bersaglio di un grido forcaiolo, dell’ira selvaggia dei “buoni” che possono scagliarsi contro il “cattivo” un po’ meno. Ma ho anche una speranza. Mi auguro, confido che quella fede che ho visto in questi anni regga ancora. Che quella dignità resista anche davanti al viso – se è lui – del colpevole. Che la pietà per Yara e per i suoi genitori abbracci anche quei poveri figli, quella povera moglie di un padre disgraziato. Avrei potuto essere io, se Gesù non mi avesse preso per mano. E Gesù è morto anche per lui.