Oggi 19 giugno la Chiesa celebra San Romualdo, monaco eremita e padre fondatore dei monaci Camaldolesi. Romualdo nacque a Ravenna tra il 951 e il 953 e a soli vent’anni abbracciò la Regola Benedettina entrando nel monastero di Sant’Apollinare in Classe. Da quel che si narra, il motivo che lo spinse a scegliere la vita monacale fu un terribile fatto di sangue che ebbe come protagonisti suo padre, il duca Sergio degli Onesti di Ravenna e suo cugino. Per tale ragione Romualdo, rimasto sconvolto da questo episodio, decise di lasciare la sua famiglia per entrare in monastero. All’inizio della sua vocazione il giovane, sotto la guida spirituale dell’anacoreta Marino, conobbe uno dei più illustri monaci dell’anno mille, l’abate Guarino, il quale lo spinse a entrare nell’abbazia di San Michele di Cuxa in Catalogna dove Romualdo ebbe modo di completare la sua formazione. Rientrato in Italia nel 988, rinunciò alla carriera da abate e decise di dedicarsi completamente alla vita eremitica presso Ravenna, nell’eremo di Pereo. Tuttavia l’imperatore Ottone III spinse Romualdo ad abbandonare la vita solitaria per divenire abate di Sant’Apollinare in Classe. La bellezza della contemplazione e della vita semplice e solitaria portarono il giovane monaco a rinunciare a quell’incarico e quindi, dopo solo un anno, Romualdo decise di recarsi a Montecassino. Dopo aver trascorso un periodo da anacoreta in una grotta nei pressi del Canale di Leme in Istria, nel 1014 Romualdo fondò un piccolo monastero, l’abbazia di Santa Maria di Sitria. La sua permanenza in Umbria durò circa sette anni prima di recarsi a Camaldoli. San Romualdo morì a 75 anni il 19 giugno del 1027 nell’abbazia che lui stesso fondò nel 1009 in val di Castro a Frasassi (Ancona).
Da fonti agiografiche si narra che Dio innalzò Romualdo ad una perfezione tale che, sotto la guida dello Spirito Santo, egli era in grado di penetrare con sapienza molti misteri celati nelle Sacre Scritture e di prevedere determinati eventi futuri. Il santo era talmente preso dalla parola di Dio che le lacrime accompagnavano quasi sempre la sua preghiera e spesso, mentre recitava i Salmi, lo si poteva vedere piangere di commozione. San Romualdo fu canonizzato da Papa Giovanni XIX nel 1032, appena cinque anni dopo la sua morte e fu dichiarato santo da papa Clemente VIII nel 1595. Nel 1481 le sue spoglie furono trasferite nella chiesa dei Santi Biagio e Romualdo a Fabriano, dove sono conservate tuttora.
Nella sua attività volta a riformare l’ordine monastico, Romualdo diede un aspetto nuovo alla regola benedettina e fondò sia monasteri che eremi. Nello specifico, egli volle dare una regola ai vari eremiti che vivevano nel totale isolamento e che spesso giungevano a forme eccessive di ascesi. Per tale motivo il Santo venne soprannominato “il padre degli eremiti razionali che vivono secondo una regola”. Nonostante la vita ascetica e solitaria del Santo, a lui si devono: l’abbazia di Val di Castro (1009), il monastero di Camaldoli (1012), quello di Fonte Avellana (fondato sempre nel 1012) e il monastero di Sitra (1014).
San Romualdo è venerato in molte località italiane ed è patrono della città di Ravenna e di Bonarcado (Sardegna) eco-patrono della città di Fabriano. Un’antica leggenda racconta che due frati, fra Rocco e fra Matteo, andarono di nascosto al monastero di S. Biagio e S. Romualdo a Fabriano per rubare il corpo del santo. Così i due misero le spoglie di San Romualdo in un sacco e si diressero verso Jesi. Qui i frati decisero di fermarsi per riposare ed entrarono in un’osteria. Ad un tratto il sacco contenente i resti del santo si illuminò di una luce abbagliante e i due uomini furono scoperti ed arrestati. Gli abitanti di Jesi a quel punto portarono le spoglie di San Romualdo in processione solenne fino al Duomo con l’intenzione di conservarle in quel luogo ma i fabrianesi, scoperto l’accaduto, ne reclamarono i resti. La contesa fra le due città si risolse affidando le sorti delle sacre spoglie ad una mula cieca che avrebbe condotto il corpo del Santo dove il Signore avesse desiderato. La mula prese così la strada di Fabriano e da quel giorno alla città vennero restituite le spoglie di San Romualdo.